martedì 5 maggio 2015

Uno Studio in Nero

Tutto ha inizio quando il celebre scrittore-detective Ellery Queen riceve un anonimo pacchetto contenente un manoscritto ingiallito redatto da un certo dottor John H. Watson. Ellery è assillato da un contratto editoriale che lo obbliga a consegnare il suo nuovo romanzo il più in fretta possibile, ma la curiosità è più forte degli impegni lavorativi e, facendo i salti mortali, riesce a dedicare un po' di tempo al manoscritto. Anche perché la storia che racconta rappresenta il sogno di ogni appassionato di mystery, ovvero le peripezie cui va incontro l'immenso Sherlock Holmes nel tentativo di dare un nome e un volto a Jack lo Squartatore! Spetterà proprio a Ellery concludere l'indagine iniziata dal suo illustre predecessore e smascherare una volta per tutte il criminale più famoso della storia.


Uscito nel 1966, A Study in Terror (tradotto in Italia Uno Studio in Nero per richiamare Uno Studio in Rosso) riprende a grandi linee la trama dell’omonimo film uscito l’anno prima, seppur con alcune notevoli differenze. Innanzitutto il libro è diviso in due: una parte è ambientata nel 1966, dove il noto scrittore/detective Ellery Queen riceve un plico anonimo contenente il manoscritto di Watson in cui descrive le indagini su Jack lo Squartatore, mentre l’altra parte è rappresentata dal manoscritto in questione, con Watson testimone e narratore dei fatti del 1888. Ovviamente la parte “moderna” nel film non era presente, ma anche la parte riguardante i delitti dello Squartatore si discosta parecchio dal film, introducendo personaggi non presenti nella pellicola (Deborah, figlia di Lord Carfax) e cambiando non il finale ma addirittura il colpevole!
La parte riguardante Ellery Queen è opera della premiata ditta Dannay & Lee, mentre il resoconto di Watson è stato scritto da Paul W. Fairman. Bisogna precisare che è stato fatto davvero un bel lavoro da Fairman: Holmes è molto più simile a quello canonico di quanto non lo sia quello del film, basta vedere come si comporta con Joseph Beck del banco dei pegni quando va in cerca di indizi sull’astuccio di strumenti chirurgici. C’è anche un antefatto: Watson è sposato (come dovrebbe effettivamente essere nel 1888), e partecipa all’indagine perché Mary è andata a trovare una zia malata in Cornovaglia. Sono gli irregolari a trovare il banco dei pegni a Whitechapel, e una volta lì esaminano il cadavere della “quinta vittima, Annie Chapman” (errato: Annie è la seconda vittima accreditata). Viene svelata immediatamente la storia del povero demente che vive all’ostello di Montague Street, così come il fatto che l’astuccio appartenga a lui, ma non viene rivelata la sua identità. E’ Sherlock ad andare a trovare Mycroft (com’è più logico) per chiedere consiglio sulle indagini. Successivamente Watson si reca da solo all’Angel & Crown per indagare, ma viene seguito dallo stesso Holmes, a sua volta travestito, e ne consegue che i due perdono di vista Polly Nichols, che diventa la vittima numero sei (doppio errore: Polly è la prima vittima, e ne furono accreditate allo Squartatore solo cinque!). Holmes e Watson incontrano un vecchio amico di Michael Osbourne che racconta i retroscena del matrimonio, poi eccoli all’obitorio di Montague Street per la settima vittima (!). Recatisi in un bordello di Whitechapel, i due riescono a trovare una traccia che li porta in un albergo lì in zona, il Pacquin, ma giunti lì trovano la tana dello Squartatore vuota. E’ qui che Watson dimostra una stupidità indegna della sua cultura e intelligenza: si ricorda di avere un messaggio da Mycroft per Sherlock con un ritardo abissale, e per di più l’informazione era già in suo possesso (avendola appresa all’Angel & Crown da Polly), ma l’aveva ritenuta trascurabile e non l’aveva riferita a Holmes. Inutile dire che Holmes non la prende molto bene, salvo poi scusarsi con l’amico nel capitolo successivo. Infine viene introdotta Angela Osbourne, moglie di Michael, che vive da reclusa sopra l’Angel & Crown. Diversamente dal film, ella non è propriamente legata a Max Klein (proprietario del pub), ma anzi ne è prigioniera. E’ stato lui a sfregiarla, e piomba con un revolver in mano mentre Holmes e Watson parlano con lei. Holmes viene portato via da Klein, mentre Watson viene legato e lasciato con Angela, ma all’improvviso arriva Jack lo Squartatore che uccide Angela, libera Watson e appicca il fuoco allo stabile. Watson si risveglia il giorno dopo e apprende di come anche Holmes si sia salvato, e che egli non intende rivelare al pubblico l’identità dello Squartatore, pertanto il povero Watson rimane con le sue convinzioni, ovviamente errate. Tocca infatti a Ellery Queen, quasi ottanta anni dopo, scoprire quello che Holmes aveva scoperto senza rivelarlo a Watson, ovvero la vera identità di Jack lo Squartatore.
Prendendo in analisi la trama e la ricostruzione del duo Holmes/Watson siamo su un livello piuttosto alto, sicuramente superiore al film, offrendo un ritratto dei due molto più simile agli scritti di Doyle e un intreccio più elaborato rispetto alla pellicola. Purtroppo pesano come macigni le inesattezze storiche, davvero difficili da ignorare. Il libro, comunque, si lascia leggere con piacere e nonostante tutto rimane uno degli apocrifi più importanti di sempre. La prima pubblicazione italiana è del 1967, col numero 949 de Il Giallo Mondadori (Mondadori), successivamente ristampato sempre da Mondadori in varie edizioni.

Nessun commento:

Posta un commento