Sherlock Holmes sta attraversando uno dei suoi frequenti momenti di
depressione, fino a quando non bussa
alla
sua porta una signorina dall'aspetto piacente, tale Mary Morstan. Il
padre della ragazza, ufficiale dell'esercito britannico, è scomparso
appena tornato dall'India e a lei, da svariati mesi, vengono consegnate
perle preziosissime da un anonimo benefattore. Ma c'è dell'altro. Cosa
sono quelle strane lettere che le vengono recapitate? E chi si cela
dietro la misteriosa firma "II Segno dei Quattro"? Ecco alcuni degli
ingredienti della seconda avventura di Sherlock Holmes, tra le nebbie di
Londra e i gioielli del Rajah, tra modernità e riti arcaici.
La riduzione de Il Segno dei Quattro prodotta dalla Hallmark è in assoluto tra le peggiori di sempre, è bene dirlo subito. Moltissime le libertà prese dagli sceneggiatori che risultano indigeste a chi ha letto il romanzo, e soprattutto un Holmes antipatico come pochi. Ma andiamo per ordine.
Il film si apre con la storia di Small e del tesoro di Agra, per poi spostarsi nel salotto di Baker Street, dove un Holmes abbigliato in maniera stravagante (per usare un eufemismo) strazia le orecchie del povero Watson (e le nostre) col violino, in attesa che il dottore termini di leggere il trattato sulle ceneri di tabacco di Holmes e ne dia un giudizio critico. Dopo pochi minuti viene introdotta Mary Morstan e la storia canonica delle perle, del biglietto misterioso, dell'incontro con Thaddeus Sholto, ecc. Tutto segue secondo copione fino al ritrovamento della lancia Aurora da parte di Wiggins (e non di Holmes travestito da marinaio): a questo punto inizia praticamente un'altra storia, tante sono le differenze con il libro!
Holmes non ottiene la collaborazione dell'ispettore Jones (che anzi fa di tutto per ostacolarlo), il quale sta andando al molo dov'è l'Aurora (ma non si capisce perché, dato che è convinto di avere sotto chiave il colpevole, Thaddeus Sholto) con una mezza dozzina di agenti. Ricorrendo ai suoi Irregulars, Holmes fa ritardare l'arrivo di Jones al molo, che per tutta risposta sequestra le pistole a lui e a Watson. Non avviene alcun inseguimento sul Tamigi, ma uno scontro a fuoco con Small e Tonga (che non è per niente "small"), il quale lancia dardi a volontà abbattendo due agenti. Ma per fortuna Holmes ha fatto sintetizzare un antidoto al dottor Morgan di Scotland Yard (perché non l'ha realizzato egli stesso?) e questo salva la vita ai due agenti, nonché al dottor Watson. Tonga perde la cerbottana e ne realizza un'altra con una canna, ma muore in un duello con Holmes che gli spara un dardo a sua volta. Small viene catturato da Holmes, non prima di aver svuotato nel fiume il contenuto del forziere, ma preferisce suicidarsi con uno dei dardi che finire in prigione. Mary Morstan, infine, va con Thaddeus Sholto in India per aiutare i bambini di Agra, utilizzando i ricavi dalla vendita delle perle e di Pondicherry Lodge. Nessuna storia d'amore con Watson, che comunque sembra emotivamente coinvolto.
La trama, di per se, è già abbastanza stravolta, ma il carico da undici ce lo mette Matt Frewer, un Holmes che si sforza in tutti i modi di risultare simpatico, ma il risultato è inesorabilmente l'opposto. La gestualità, i sorrisetti, le smorfie, le espressioni: tutto contribuisce a renderlo davvero odioso, e il bello è che Hallmark ha realizzato ben quattro film con Frewer! Kenneth Welsh, d'altro canto, è un Watson più che buono, nonostante stia spesso accigliato e sia penalizzato da una età troppo matura. Tra i comprimari una Mrs Hudson anonima, un Wiggins bravo ma grandicello, un ispettore Jones molto bravo e volutamente antipatico, una Mary Morstan forse troppo aggressiva ma decisamente buona, un Thaddeus Sholto sopra le righe e un Jonathan Small ringhioso ma truccato decisamente male. Chi volesse comunque vedere questo film può trovarlo in DVD singolo o doppio, con abbinato Il mastino dei Baskerville, sempre firmato Hallmark.
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