venerdì 8 maggio 2015

Il mostro dell'East End

Londra, autunno 1888. Gli omicidi efferati di due prostitute nel quartiere di Whitechapel convincono l’ispettore Lestrade a chiedere aiuto al massimo specialista di investigazioni criminali. Senza dubbio lui, accompagnato dal fedele dottor Watson, saprà come dare la caccia all’assassino che con la sua lama grondante sangue sta terrorizzando l’East End. Ma quando il segugio di Baker Street rimarrà ferito nel tentativo di catturare il mostro, un sospetto infamante finirà per addensarsi su di lui. Quale ruolo ha davvero Sherlock Holmes nei delitti che con tanto zelo tenta di prevenire? Così, prima che sia troppo tardi per la sua onorabilità e per la sua stessa vita, il Grande Detective dovrà rompere ogni schema e contravvenire a ogni regola per smascherare l’inafferrabile avversario. Il cui nome, al pari del suo, continuerà a risuonare per molto, molto tempo: Jack lo Squartatore.


In questo romanzo di Lyndsay Faye del 2009 Sherlock Holmes fronteggia ancora una volta un mostro realmente esistito, Jack lo Squartatore, che macchiò le strade dell’East End di Londra col sangue di cinque donne, uccise tra il 31 agosto e il 9 novembre 1888. In passato vari autori si sono cimentati in questa sfida, basti ricordare Ellery Queen o Michael Dibdin solo per citare due esempi piuttosto famosi, e ben due volte la sfida è stata sul grande schermo, nel 1965 (Notti di Terrore) e nel 1979 (Assassinio su commissione). Non è dunque affatto facile riuscire a scrivere qualcosa di nuovo ed originale, essendo stato già scritto tanto. La difficoltà maggiore consiste proprio nel dare un nuovo volto e una nuova identità allo Squartatore, e l’autrice è riuscita a superare brillantemente l’ostacolo.
La storia inizia con un antefatto, in apparenza del tutto slegato al resto della trama, che vede Holmes e Watson nel febbraio 1887 sulle tracce di un diamante scomparso, per poi proseguire nel 1888 con la scoperta di una vittima a Whitechapel, tale Martha Tabram, uccisa con ben 39 coltellate. Successivamente viene trovata Polly Nichols (la prima vittima accertata dello Squartatore) e Holmes viene consultato da Lestrade. Il detective inizia qui la propria indagine, nel corso del quale incontrerà una prostituta di nome Mary Ann Monk, che arruolerà come “infiltrato” nei bassifondi di Whitechapel: questa rappresenta sicuramente una novità narrativa importante, oltre che del tutto plausibile. Ma è durante la notte tra il 29 e il 30 settembre, quella tristemente nota per il duplice omicidio, che Holmes si imbatte nello Squartatore, lo insegue e rimane ferito. Costretto a rimanere a casa per molti giorni a causa della ferita, Holmes viene anche diffamato da un giornalista che lo addita al pubblico come possibile assassino, in quanto presente in maniera sospetta sul luogo degli omicidi dello Squartatore. Inutile dire che da questa rovinosa caduta il detective si rialzerà, ponendo fine alla carriera dello Squartatore e recuperando in maniera definitiva il suo buon nome.
Come si può intuire, l’autrice pone particolare attenzione alla cura storica dei fatti reali, che vanno a intrecciarsi con la fiction narrativa, incluso il famoso graffito di Goulston Street, fatto cancellare da Sir Charles Warren. Forse non tutti sanno che, sebbene siano 5 le vittime accreditate a Jack lo Squartatore, almeno altre 6 vittime caddero per mani ignote, e per alcune si è a lungo ipotizzato che ci fosse dietro lo Squartatore. Nello specifico alcuni studiosi sono propensi a credere che Martha Tabram, prostituta di 39 anni ritrovata il 6 agosto 1888, sia un’altra delle sue vittime. Lyndsay Faye dimostra di essersi documentata approfonditamente. Ma un plauso va anche alla cura posta nel tratteggiare i personaggi: Holmes e Watson sono molto canonici e tutto il libro risente in maniera positiva di questo, nonostante la difficoltà oggettiva di fondere l’universo di Sherlock Holmes con quello tristemente reale di Jack lo Squartatore. In definitiva, possiamo parlare di un apocrifo ben riuscito, da parte di una giovane autrice che speriamo torni presto a scrivere di Sherlock Holmes e del dottor Watson. L’edizione italiana è il numero 8 de Il Giallo Mondadori - Sherlock (Mondadori, 2015), disponibile cartaceo o ebook.

martedì 5 maggio 2015

Uno Studio in Nero

Tutto ha inizio quando il celebre scrittore-detective Ellery Queen riceve un anonimo pacchetto contenente un manoscritto ingiallito redatto da un certo dottor John H. Watson. Ellery è assillato da un contratto editoriale che lo obbliga a consegnare il suo nuovo romanzo il più in fretta possibile, ma la curiosità è più forte degli impegni lavorativi e, facendo i salti mortali, riesce a dedicare un po' di tempo al manoscritto. Anche perché la storia che racconta rappresenta il sogno di ogni appassionato di mystery, ovvero le peripezie cui va incontro l'immenso Sherlock Holmes nel tentativo di dare un nome e un volto a Jack lo Squartatore! Spetterà proprio a Ellery concludere l'indagine iniziata dal suo illustre predecessore e smascherare una volta per tutte il criminale più famoso della storia.


Uscito nel 1966, A Study in Terror (tradotto in Italia Uno Studio in Nero per richiamare Uno Studio in Rosso) riprende a grandi linee la trama dell’omonimo film uscito l’anno prima, seppur con alcune notevoli differenze. Innanzitutto il libro è diviso in due: una parte è ambientata nel 1966, dove il noto scrittore/detective Ellery Queen riceve un plico anonimo contenente il manoscritto di Watson in cui descrive le indagini su Jack lo Squartatore, mentre l’altra parte è rappresentata dal manoscritto in questione, con Watson testimone e narratore dei fatti del 1888. Ovviamente la parte “moderna” nel film non era presente, ma anche la parte riguardante i delitti dello Squartatore si discosta parecchio dal film, introducendo personaggi non presenti nella pellicola (Deborah, figlia di Lord Carfax) e cambiando non il finale ma addirittura il colpevole!
La parte riguardante Ellery Queen è opera della premiata ditta Dannay & Lee, mentre il resoconto di Watson è stato scritto da Paul W. Fairman. Bisogna precisare che è stato fatto davvero un bel lavoro da Fairman: Holmes è molto più simile a quello canonico di quanto non lo sia quello del film, basta vedere come si comporta con Joseph Beck del banco dei pegni quando va in cerca di indizi sull’astuccio di strumenti chirurgici. C’è anche un antefatto: Watson è sposato (come dovrebbe effettivamente essere nel 1888), e partecipa all’indagine perché Mary è andata a trovare una zia malata in Cornovaglia. Sono gli irregolari a trovare il banco dei pegni a Whitechapel, e una volta lì esaminano il cadavere della “quinta vittima, Annie Chapman” (errato: Annie è la seconda vittima accreditata). Viene svelata immediatamente la storia del povero demente che vive all’ostello di Montague Street, così come il fatto che l’astuccio appartenga a lui, ma non viene rivelata la sua identità. E’ Sherlock ad andare a trovare Mycroft (com’è più logico) per chiedere consiglio sulle indagini. Successivamente Watson si reca da solo all’Angel & Crown per indagare, ma viene seguito dallo stesso Holmes, a sua volta travestito, e ne consegue che i due perdono di vista Polly Nichols, che diventa la vittima numero sei (doppio errore: Polly è la prima vittima, e ne furono accreditate allo Squartatore solo cinque!). Holmes e Watson incontrano un vecchio amico di Michael Osbourne che racconta i retroscena del matrimonio, poi eccoli all’obitorio di Montague Street per la settima vittima (!). Recatisi in un bordello di Whitechapel, i due riescono a trovare una traccia che li porta in un albergo lì in zona, il Pacquin, ma giunti lì trovano la tana dello Squartatore vuota. E’ qui che Watson dimostra una stupidità indegna della sua cultura e intelligenza: si ricorda di avere un messaggio da Mycroft per Sherlock con un ritardo abissale, e per di più l’informazione era già in suo possesso (avendola appresa all’Angel & Crown da Polly), ma l’aveva ritenuta trascurabile e non l’aveva riferita a Holmes. Inutile dire che Holmes non la prende molto bene, salvo poi scusarsi con l’amico nel capitolo successivo. Infine viene introdotta Angela Osbourne, moglie di Michael, che vive da reclusa sopra l’Angel & Crown. Diversamente dal film, ella non è propriamente legata a Max Klein (proprietario del pub), ma anzi ne è prigioniera. E’ stato lui a sfregiarla, e piomba con un revolver in mano mentre Holmes e Watson parlano con lei. Holmes viene portato via da Klein, mentre Watson viene legato e lasciato con Angela, ma all’improvviso arriva Jack lo Squartatore che uccide Angela, libera Watson e appicca il fuoco allo stabile. Watson si risveglia il giorno dopo e apprende di come anche Holmes si sia salvato, e che egli non intende rivelare al pubblico l’identità dello Squartatore, pertanto il povero Watson rimane con le sue convinzioni, ovviamente errate. Tocca infatti a Ellery Queen, quasi ottanta anni dopo, scoprire quello che Holmes aveva scoperto senza rivelarlo a Watson, ovvero la vera identità di Jack lo Squartatore.
Prendendo in analisi la trama e la ricostruzione del duo Holmes/Watson siamo su un livello piuttosto alto, sicuramente superiore al film, offrendo un ritratto dei due molto più simile agli scritti di Doyle e un intreccio più elaborato rispetto alla pellicola. Purtroppo pesano come macigni le inesattezze storiche, davvero difficili da ignorare. Il libro, comunque, si lascia leggere con piacere e nonostante tutto rimane uno degli apocrifi più importanti di sempre. La prima pubblicazione italiana è del 1967, col numero 949 de Il Giallo Mondadori (Mondadori), successivamente ristampato sempre da Mondadori in varie edizioni.