mercoledì 28 ottobre 2015

La strana persecuzione

Da tre anni, ogni primo di maggio, un pacco anonimo viene recapitato al milionario industriale del tabacco John Vincent Harden, e il contenuto è sempre una pistola. Una ben strana minaccia, che potrebbe concretizzarsi il prossimo primo di maggio. La signora Harden è angosciata al pensiero, e si reca in segreto da Sherlock Holmes chiedendo il suo aiuto. Caso strano, anche il signor Harden contatta Holmes, ma la natura del problema che espone è ben diversa: egli teme per il figlio Vincent, un ventenne debole di carattere che frequenta assiduamente un uomo di nome Anthony Smith, il quale esercita una elevato influenza sul giovane Vincent. Possibile che i due fatti siano collegati?

 
“…la strana persecuzione di cui era vittima John Vincent Harden, il re del tabacco…” (Il ciclista solitario). Siamo in pieno dramma familiare: il padre è un industriale arricchito dal carattere forte, e si presume abbia molti nemici; la madre è debole e devota; il figlio è un ventenne smidollato e viziato, facile preda di gente senza scrupoli che può indirizzarne il pensiero e le azioni. Davanti a loro ecco il misterioso Anthony Smith, che vanta i doni dell’eloquenza e della cultura, dalle cui labbra pende il giovane Vincent. Sherlock Holmes ha un degno avversario, astuto e senza scrupoli, ma da vecchia volpe qual è saprà renderlo innocuo. In mezzo a tutto questo, Holmes troverà il tempo di occuparsi della misteriosa faccenda che interessa la signorina Violet Smith.
Ancora una volta Réouven dosa bene i tempi e riesce a incastrare un racconto del Canone con uno di quelli “accennati” dal dottor Watson, e la farina del sacco di questo autore è di prima qualità. Bella atmosfera, ottimo il contorno e personaggi interessanti. Sopra a tutto e tutti, ovviamente, una coppia di protagonisti che sembra uscita dalle pagine di Doyle. La trama tende ad essere forse un po’ scontata, nel senso che si intuisce ben presto come andrà a finire, ma il racconto resta meritevole di una lettura.
Il racconto fa parte del volume I passatempi di Sherlock Holmes, edito nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.

lunedì 26 ottobre 2015

L'improvvisa morte del cardinale Tosca

In una biblioteca ebraica a Londra trova la morte in circostanze misteriose il cardinale Tosca, uno dei possibili papabili nel caso di una prematura dipartita di Papa Leone XIII. Egli non solo si era recato nella biblioteca sotto falso nome e senza avvisare la Santa Sede, ma vi si era chiuso dentro la notte per proseguire i suoi studi, solo che al mattino è stato trovato morto, con un’espressione d’orrore dipinta in faccia e senza alcun segno di avvelenamento. La situazione, come si può immaginare, è estremamente delicata, pertanto il cardinale Sarto, che già aveva consultato Holmes per la faccenda dei Cammei Vaticani, si reca in Baker Street per chiedere l’aiuto del grande detective per risolvere la faccenda…


“…la famosa indagine nell'improvviso decesso del cardinale Tosca…” (Il capitano di lungo corso). Réouver ci ha preso gusto ad “agganciare vagoni alla locomotiva”, vale a dire al Canone, ed ecco quindi un altro caso citato e mai narrato dal dottor Watson, e di sicuro uno dei più famosi assieme al Ratto gigante di Sumatra. Ma come dicevo a proposito di un altro apocrifo dello stesso autore, ben vengano!
Il caso è decisamente particolare, pesca a piene mani dalle leggende ebraiche fondendole con quelle cattoliche, e dietro c’è un complotto antisemita che mira a mantenere in cattiva luce gli ebrei, un complotto che parte dall’Austria…
Al di là delle implicazioni religiose, attenendosi ai puri fatti (come Holmes insegna), il racconto è ben scritto e scorre molto bene. Réouven riesce a ricreare molto bene i personaggi di Holmes e Watson, e a contornarli di soggetti altrettanto interessanti. Trapela un certo studio, tanto da poter parlare così a fondo di leggende ebraiche, calate in un contesto crudo e reale come quello di Whitechapel. Un apocrifo decisamente molto buono, vale sicuramente la pena leggerlo.
Il racconto fa parte del volume I passatempi di Sherlock Holmes, edito nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.
Per quanto riguarda gli autori che hanno voluto dire la loro sulla morte del cardinale Tosca, vale la pena ricordare (correndo il rischio di scordare qualcuno) Ann Margaret Lewis, Hugh Ashton, Alder Nowland, e il nostro Luca Martinelli.

giovedì 22 ottobre 2015

La tragedia degli Addleton

Nel novembre del 1894 una giovane donna si reca a Baker Street portando con se un antico rotolo di pergamena, un palinsesto, in cerca del dottor Watson. Egli non è in casa, e la giovane lascia la pergamena alla signora Hudson. Grande è la sorpresa da parte di Holmes e di Watson nell’apprendere che la giovane non cercava i servigi dell’investigatore, ma ancor più grande meraviglia susciterà il testo del palinsesto: una storia antica di figli illegittimi in cui scorre sangue reale, un documento dal valore incalcolabile non solo dal punto di vista storico, ma soprattutto per le conseguenze dell’identificazione dei gemelli e della pubblicazione di tale scoperta. Un documento che ha già fatto versare sangue e potrebbe non essere sufficiente…


…un resoconto della tragedia Addleton, e il contenuto singolare di un antico tumulo inglese…” (Il segreto degli occhiali a Pince-Nez). Questo apocrifo di René Réouven prende spunto da uno dei tanti casi citati (e mai narrati) da Watson nel Canone. Doyle, da vecchia volpe qual’era, ha infatti disseminato casualmente qua e là queste citazioni per far sembrare la sua produzione assai più ampia, e di conseguenza anche i successi di Holmes: sono più di 100 le untold stories, e ben presto sono state prese come punto di partenza da svariati autori per i loro apocrifi. Réouven non fa eccezione, tanto che chiede scusa al maestro Arthur Conan Doyle “per aver agganciato qualche vagone in più alla sua locomotiva”. Ma se si tratta di vagoni come questo, ben vengano!
Questo è davvero un apocrifo come si deve, ben incastrato nel Canone (tanto da alternare le fasi iniziali all’avventura dei Pince-Nez), molto ben raccontato, rispettoso dei personaggi. Ma soprattutto c’è una storia di fondo solida, che è fondamentale. Non basta tratteggiare bene Holmes e Watson: se non c’è una trama alla base, qualsiasi apocrifo crolla miseramente. Qui salta all’attenzione immediatamente che l’autore non solo è conoscitore dell’opera di Doyle, ma ha fatto numerose ricerche storiche per rendere il suo racconto credibile. Ed ha centrato l’obiettivo.
Del resto, non è la prima volta che Réouven scrive opere su Sherlock Holmes. Dal 1982 al 1990 pubblica infatti molte avventure con protagonista il detective di Baker Street, vale a dire: Élémentaire, mon cher Holmes (1982, sotto lo pseudonimo di Albert Davidson), L'Assassin du boulevard (1985), Le Bestiaire de Sherlock Holmes (1987, raccolta di racconti), Le Détective volé (1988), Les Passe-temps de Sherlock Holmes (1989, raccolta di racconti), Le Drame ténébreux qui se déroula entre les frères Atkinson de Trincomalee (1989, racconto all’interno del volume Le Nouveau Musée de l'Holmes), Histoires secrètes de 1887 (1990, racconto all’interno della rivista Enigmatika n. 40), La Plus Grande machination du siècle (1990, racconto all’interno della rivista Histoires de machinations). Nel 1993 esce Histoires secrètes de Sherlock Holmes, in cui viene raccolta tutta la produzione di Réouven su Sherlock Holmes. Purtroppo in Italia solo la raccolta I passatempi di Sherlock Holmes è stata edita nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.

martedì 20 ottobre 2015

Il mistero delle paludi del Fox Tor

Nella tarda primavera del 1907 Holmes chiede a Watson di raggiungerlo a Dartmoor, la brughiera che già aveva fatto da sfondo al caso del mastino dei Baskerville, per una misteriosa scomparsa. Il conte Bielonskij, un ricco e nobile russo che ha acquistato proprio il maniero dei Baskerville, ritirandosi a vivere lì con la moglie. Appassionato studioso dell’ipnotismo e della psicologia occulta, il conte ha un passato da rivoluzionario e si teme un rapimento a sfondo politico, se non addirittura un omicidio. Uscito a passeggio col cane, non ha fatto ritorno, e l’unica cosa che è stata trovata sono i suoi vestiti. Holmes, su richiesta del fratello Mycroft, e quindi del governo britannico, è chiamato a indagare…


Ahimè, si tratta di un apocrifo piuttosto brutto. Dietro la scomparsa, infatti, c’è un misterioso rito iniziatico presso un villaggio neolitico accanto alla palude di Fox Tor: antichi popoli risorgono in notti particolari e il conte, fanatico studioso, altro non ha fatto che sacrificare il cane e unirsi nella morte a questi esseri. Oltre a ciò, ha inviato dei segnali psichici a Holmes che lo ha sognato, e da allora questi ha deciso di studiare i fenomeni psichici e occulti (altro che allevare api nel Sussex), dedicandosi anima e corpo e intraprendendo anche una serie di conferenze negli Stati Uniti e in Australia!
Confesso che avevo rimosso questo racconto, dopo averlo letto anni fa, ma ora che l’ho riletto farò fatica (purtroppo) a dimenticarlo. Va bene tutto quando si parla di apocrifi, anche mischiare la fantascienza o l’occultismo, ma è destabilizzante leggere una raccolta di racconti impostata in maniera “tradizionale” da parte di un autore, e poi nell’ultimo trovarsi di fronte a una scelta così strana. Il racconto in sé, preso singolarmente, potrebbe anche non essere male, a patto che si arrivi preparati: esistono varie raccolte di racconti a vario tema con protagonista Sherlock Holmes, e il lettore sceglie o meno di vedere il detective impegnato in casi non tradizionali semplicemente leggendo la quarta di copertina. Oltre a ciò, non c’è nessun “caso”: il conte appare in sogno a Holmes e gli spiega tutto… bella forza!
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

La vera storia del gigantesco topo di Sumatra

Sherlock Holmes e il dottor Watson sono in Cornovaglia per un periodo di riposo, in seguito al superlavoro cui è stato vittima il detective. I suoi nervi necessitano riposo, e già in passato la penisola sud occidentale è stata scelta come meta dall'investigatore per calmare i suoi nervi. Ma è l’inattività che fa più male al detective… Per fortuna il destino a volte segue percorsi tortuosi, ed ecco che un problema si presenta proprio lì dove Holmes e Watson hanno preso alloggio: una nave proveniente dall’isola di Sumatra naufraga sulle coste della Cornovaglia, l’equipaggio non si salva ad eccezione del capitano, ma qualcos’altro sbarca sulla terra inglese, qualcosa di mostruoso, un gigantesco ratto che semina distruzione. Trovarlo ed eliminarlo non è facile, e Holmes ricorrerà a un vecchio trucco…

Come Jessica Fletcher, la Signora in Giallo, anche Sherlock Holmes quando va in vacanza si imbatte in misteri e delitti. Non fa eccezione questo apocrifo che vuole gettare luce una volta per tutte sul gigantesco ratto di Sumatra citato nel Canone, ma purtroppo sarebbe stato preferibile rimanere all’oscuro di tutto! Il racconto non sta in piedi, è farraginoso. Ci sono due studiosi rivali che cercano in tutti i modi di ostacolarsi: uno dei due torna da Sumatra con il ratto a bordo ma la nave naufraga sulle coste della Cornovaglia, muoiono tutti tranne il capitano e il ratto scappa seminando distruzione. Holmes escogita un piano, telegrafa a Grenoble all’artista cui commissionò il busto usato nella Casa vuota e gli da appuntamento dopo due giorni in Baker Street. Ora, ammettendo che bastino due o tre giorni per realizzare una gigantesca femmina di ratto in cera (la “gigantesca topa di Sumatra” non si può sentire…) e portarla da Grenoble (Francia) a Londra, perché Holmes e Watson devono tornare a Baker Street (con Watson che riparte per la Cornovaglia praticamente subito, solo per raccomandare a Lestrade di non divulgare la storia!) e non si fanno spedire direttamente la statua? E poi c’è l’ingarbugliata vicenda tra i due studiosi, che praticamente hanno cercato di ammazzarsi a vicenda…
La trappola non riesce, il ratto decide di tuffarsi affrontando l’oceano per cercare di tornare a Sumatra (si sa che i ratti amano l’acqua!) ma sfortunatamente affoga dopo poche centinaia di metri, quindi senza prove in mano Holmes decide che “il mondo non è ancora pronto” per questa vicenda. La trama non è scorrevole, anzi a tratti “ingarbugliata” lo è davvero, e un ratto che preferisce suicidarsi allo scorrazzare libero per la campagna inglese non è credibile…
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).
Sul famoso ratto di Sumatra in tanti hanno voluto dire la loro: Daniel Gracely, Richard L. Boyer, Sid Fleischman, Jorg Kastner, Alberto López Aroca, David Stuart Davis, Paul D. Gilbert, Alan Vanneman (e probabilmente ne sto dimenticando qualcuno), nonché recentemente il nostro Gianfranco Sherwood.

Il misteriso caso del banchiere Fertonani

Sotto il Ponte dei Frati Neri, a Londra, è stato trovato impiccato Antonio Fertonani, un noto banchiere italiano, influente negli ambienti politici europei. A prima vista sembrerebbe un suicidio, ma in realtà dietro c’è un complesso complotto politico. Nelle tasche del banchiere, infatti, sono stati trovati dodici sassolini bianchi: un messaggio criptico destinato a persone influenti. Holmes decide di indagare, recandosi di notte assieme a Watson sotto il Ponte dei Frati Neri, ma viene ferito a una spalla da un proiettile, e solo l’intervento dell’amico lo salva da altri colpi che potrebbero essere mortali. Grazie all'intraprendenza dei suoi giovani Irregolari e alla collaborazione del fratello Mycroft, la rete verrà tesa sui colpevoli…


Dietro la finzione si cela un triste episodio, realmente accaduto nel 1982, vale a dire il ritrovamento del corpo di Roberto Calvi (banchiere italiano), impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri. Dopo una iniziale sentenza di suicidio, successivamente prese vigore l’idea dell’omicidio. Da questo fatto di cronaca l’autore prende spunto ed ecco il banchiere italiano Fertonani che viene ritrovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri, vittima di un complotto ordito da oscuri affaristi con interessi criminosi. Holmes indaga, viene ferito a una spalla ma non demorde e scopre la verità. Non manca l’ennesima disquisizione sulla musica rinascimentale (ormai un clichè…) e la cena in un ristorante italiano. Holmes e Watson sono abbastanza canonici, l’uno non è troppo saccente e l’altro non è così stupido. Tutto sommato si tratta di una buona storia apocrifa, certamente particolare per l’inquietante parallelismo col fatto di cronaca e ben strutturata.
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

La scomparsa dell'archeologo innamorato

Sir Reginald Crowder, un archeologo piuttosto noto, scompare durante una spedizione in Egitto alla ricerca della città perduta di Berenice Pancrasia, nota nell’antichità per le enormi ricchezze. Ma quello che più colpisce è che pare egli sia volutamente sparito, insieme a una giovanissima ragazza egiziana di cui si è perdutamente innamorato. Lady Crowder non crede alle apparenze né alle lettere spedite dal marito in cui egli spiega le sue ragioni allegando una ciocca di capelli della giovane, perciò consulta Sherlock Holmes perché faccia luce sul mistero. Ma il detective è molto impegnato, non può muoversi da Londra, perciò toccherà al dottor Watson recarsi in Egitto, assieme al professor Fothergill Staunton del British Museum, sulle tracce dell’archeologo innamorato…

In questo racconto la parte del leone tocca a Watson, come già avvenuto in altre avventure del Canone o apocrife. Tocca al buon dottore sobbarcarsi un lungo e difficoltoso viaggio in Egitto, a fianco a un esasperante professore del British Museum, sulle tracce dell’archeologo scomparso. Arrivati a destinazione, troveranno una mummia che non è quello che sembra, e toccherà a Holmes fare ancora una volta luce su una scoperta che si rivelerebbe una enorme bufala, e quindi un grande danno di immagine per tutta l’Inghilterra, creata ad hoc dagli arabi. Purtroppo in questo apocrifo la parte del leone la fanno una trama un po’ sgangherata, un Watson piuttosto stupido e un Holmes saccente. Non si capisce il motivo per cui Holmes resti in Inghilterra lasciando invece partire Watson, e questi ovviamente si limita ad essere osservatore e scrittore di quello che avviene in Egitto, senza pesare in alcun modo nella vicenda. Una spedizione che l’egittologo Staunton poteva gestire da solo (visto che in pratica fa tutto lui) e che si rivela un tentativo di farsi beffe del governo britannico. Non si tratta di una vicenda tra le più memorabili di Holmes, sia come idea di base che come caratterizzazione dei personaggi.
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

Il salterio infarinato

Un gentiluomo gallese muore di cancrena alle gambe, dopo aver trascorso gli ultimi due giorni della sua vita abbaiando e cantando nenie popolari. Contemporaneamente il figlio si uccide picchiando ripetutamente la testa al muro. La figlia viene ricoverata al manicomio dopo aver tentato di gettarsi nello stagno della tenuta. Il fidanzato della giovane, l’avvocato Henry Haterley, consulta Sherlock Holmes in quanto sospetta ci sia un complotto per annientare la famiglia Algernon, e dopo poco tempo viene trovato morto, orribilmente sfigurato dalle pale di un mulino. Holmes e Watson si recano in Galles, nel distretto minerario di Glynloes, per fare luce sulla tragedia e assicurare alla giustizia i responsabili dei delitti…


Nonostante le buone premesse, e una forma apprezzabile, in questo racconto pecca notevolmente la sostanza… Innanzitutto perché Holmes inizialmente rifiuta il caso, esponendo il giovane avvocato a rischi sicuri e condannandolo a una morte orribile? E’ abbastanza inspiegabile un atteggiamento del genere da parte del detective, ed è troppo facile muoversi quando ormai c’è un morto sulla coscienza. Oltre a ciò, anche intuire chi c’è dietro ai delitti è piuttosto facile, essendo la comunità mineraria piuttosto piccola e i personaggi di spicco che ci vengono presentati dall’autore si contano sulle dita di una mano. Infine, già alla lettura dell’articolo iniziale si intuisce il mezzo terribile che è stato usato per far impazzire i membri della famiglia Algernon…
A mio avviso questi sono punti cardine che fanno pendere il giudizio da una parte o dall’altra: non è facile da digerire un Holmes che manda via il suo cliente senza intervenire solo perché “Haterley aveva dei precisi sospetti su qualcuno, ma non me li ha voluti rivelare”. E poi a nulla vale fare mea culpa: Sherlock Holmes non si comporta in maniera così sconsiderata…
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

Il caso delle tre sorelle

Nel gennaio del 1905 Holmes e Watson sono nel loro salotto di Baker Street. Holmes è totalmente preso da una ricerca scientifica sui sifneidi e una loro presunta coscienza razionale, tanto da dedicarvisi completamente per settimane, ma la visita di una cliente lo distrae dalla sua ricerca. La signorina Maryann Froyes ha due sorelle minori: Edna, scrittrice, e Nora, pittrice, in Italia per viaggio di studio. Ad allarmare la maggiore delle sorelle Froyes è un telegramma, che annuncia la scomparsa di Nora da più di una settimana, seguito da un altro telegramma tre giorni dopo che smentisce il precedente, affermando che Nora stava benissimo. Il comportamento delle sorelle è sospetto, e Holmes decide di recarsi in Italia, più precisamente in Toscana, assieme al suo amico Watson per fare luce sul mistero…


Partendo da uno spunto banale, che non è altro che un pretesto per "spostare" Holmes e Watson da Londra in Toscana, l'autore ci offre un mistero che tanto mistero non è, al massimo un piccolo dramma familiare neppure tanto insolito a quell'epoca. La trama non è memorabile, ma comunque piacevole. I due arrivano in Toscana, e senza sforzo trovano le due sorelle, di cui una ingravidata da un balordo italiano.
Holmes e Watson sono ben tratteggiati, mai sopra le righe ma anzi plausibili per come dovrebbero essere (cioè intorno ai 60 anni) nel 1905. A questo proposito, l'autore ritiene di dover precisare che in realtà Holmes simulò il suo ritiro nel Sussex del 1903, ma in realtà spesso e volentieri tornava in Baker Street per dedicarsi alla soluzione di casi che destano il suo interesse.
Apparso nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

giovedì 8 ottobre 2015

L'uomo che mangiava le Fisherman's

«Elementare, Holmes!». Così viene accolto il celebre detective da un euforico Watson, fermamente convinto di aver risolto il mistero di un terribile delitto avvenuto nella notte. Una prostituta sadicamente seviziata e strangolata con una corda come quelle che solitamente i marinai tengono alla vita. Gregson e Lestrade sono corsi a fermare il colpevole, che si era imbarcato per l’Australia, appena in tempo prima che la nave lasciasse il Tamigi. La presenza di Sherlock Holmes non sembra affatto necessaria, anzi del tutto inutile. Ma l’apparenza spesso inganna, e il grande investigatore lo dimostra facendo andare i pezzi del puzzle al posto che gli spetta, e dimostrando l’innocenza del povero marinaio che mangiava le Fisherman’s…


Un piccolo gioiello, a firma di Gianni Rizzoni, pubblicato per la prima volta nella Agenda Sherlockiana del 1987. Un racconto breve fatto di dialoghi serrati, di personaggi ricostruiti in maniera impeccabile, di un gioco di specchi che disorienta il povero Watson (e di conseguenza Gregson e Lestrade) facendogli vedere la visione semplicistica del caso e facendolo inesorabilmente cadere in errore. A un Watson precipitoso si contrappone un Holmes misurato e acuto, come siamo abituati a vederlo nel Canone. E ovviamente non tralascia alcun indizio, risolvendo brillantemente il caso. Come detto, un gioiello. Un apocrifo breve ma perfettamente riuscito.
Edito nel 1987, è stato ristampato dalla Fabbri Editori nella collana Sherlock Holmes & Co. nel 2002, assieme a 30 Duke Street, dello stesso autore.

30 Duke Street

Londra, agosto 1911. Sherlock Holmes torna a Londra dal suo ritiro nel Sussex per far visita al vecchio amico Alfred Dunhill, un tempo uno degli Irregolari al servizio dell’investigatore, ora proprietario di un negozio ben avviato di articoli per fumatori, che vanta illustri clienti quali Winston Churchill, re Edoardo VIII e naturalmente lo stesso Holmes. Dunhill ha un problema da sottoporre al suo vecchio maestro, ma non è l’unico motivo ad aver spinto Holmes a lasciare momentaneamente il suo ritiro: Mycroft ha bisogno di Sherlock per “salvare la nazione”. Sono anni tumultuosi, nonostante la facciata non corre buon sangue tra l’Inghilterra e la Germania, l’ombra di una guerra si profila ineluttabile e Sherlock Holmes è chiamato a mettere il suo ingegno al servizio dell’Inghilterra…


La genesi di questo apocrifo, datato 1987, ad opera di un misterioso John R. Watson (dietro cui si cela il giornalista Gianni Rizzoni) è di per sé affascinante. Scritto per celebrare il centenario del detective, pubblicato da Rosa & Nero in contemporanea all’Agenda Sherlockiana, a Ucciderò Sherlock Holmes (autobiografia di Sir Arthur Conan Doyle) e all’Album del Centenario di Allen Eyles, è stato al centro di un “concorso” per scoprire l’epilogo voluto dall’autore. In una prima pubblicazione di sole 450 copie inviate a persone selezionate, infatti, mancava il finale: toccava al destinatario cercare proporre una soluzione plausibile, magari avvicinandosi a quella “originale”.
Ma al di là di tutto quello che interessa davvero è se si tratta di un buon apocrifo o meno. Bene, questo è senza dubbio un apocrifo ben riuscito, degno di figurare nella vostra libreria. Realtà storica e finzione si mescolano alla perfezione, Holmes e Watson sono perfettamente inquadrati e non sfigurano confrontati agli “originali”, e i due incontrano perfino Sir Arthur Conan Doyle e Winston Churchill. La trama è perfettamente incastrata nel Canone, e fa da prologo all’Ultimo saluto. Ottimi i dialoghi, e c’è anche un riferimento a L’uomo che mangiava le Fisherman’s, racconto apocrifo dello stesso Rizzoni. Nel 2012 il romanzo è stato ristampato da Metamorfosi Editore ed è disponibile anche in formato ebook.

Il mistero della Sala Egizia

Londra, 1898. Nel salotto di Baker Street il prestigiatore Cyril Randolph, meglio noto come Cyrano, chiede aiuto a Sherlock Holmes e al dottor Watson per ritrovare un anello dal valore inestimabile, scomparso durante uno dei suoi numeri di illusionismo. Egli si esibisce nella Sala Egizia, un teatro così piccolo e confortevole da sembrare un salotto, e invita i due allo spettacolo serale per indagare sul fatto. Ma proprio quella sera, al termine dell’esibizione, Cyrano viene trovato morto nel suo camerino. Il prestigiatore era stato minacciato di morte proprio durante il suo numero di magia da un rivale, Buatier De Kolta, ma la faccenda è più intricata di quello che sembra, e Sherlock Holmes dovrà fare luce sui misteriosi segreti che si celano nella Sala Egizia…


Riuscire nell’intento di realizzare un buon apocrifo non è mai semplice, c’è sempre dietro l’angolo il rischio di “personalizzare” i personaggi e renderli in qualche modo distanti dagli originali. Diciamolo subito: è un buon apocrifo, piacevole da leggere e curato sotto certi aspetti, ma… sotto altri purtroppo no! Punto primo: Watson interviene troppo spesso a sproposito (aspetto inesistente nel Canone), e Holmes reagisce “fulminandolo con uno sguardo velenoso”. I rapporti tra i due non sono mai stati così… Punto secondo: Watson ha una disavventura in treno (e successivamente in carrozza…), ma l’episodio non mi sembra necessario, anzi è del tutto superfluo (oltre che inverosimile). Avrebbe senso solo se sia il pazzo che il vecchio cocchiere fossero in realtà travestimenti di Holmes per burlarsi di Watson… Punto terzo: Watson (sempre lui) ha un flirt, o meglio un vero e proprio intrattenimento amoroso, con la ricca signora proprietaria dell’anello scomparso: al di là del fatto se sia plausibile o meno, è assurdo che il buon dottore “perda brevemente conoscenza” nel bel mezzo di ben altro (!), e che nemmeno lo ricordi!
Tutto sommato potremmo chiamarli “peccati veniali”, o “licenze poetiche”, ma dubito che un purista la veda in questi termini. In ogni caso sono dell’opinione che valga la pena dare una lettura a questo romanzo breve. Val Andrews è universalmente considerato uno degli autori che meglio ha saputo ricreare i personaggi e le atmosfere di Conan Doyle, in ben 21 libri editi tra il 1980 (anche se la data non è certa) e il 2006. Egli prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato a lungo nel campo della magia, quindi ha trasportato nei suoi scritti la materia che conosceva meglio, e con successo. Il mistero della Sala Egizia è il quarto libro di Andrews (edito nel 1993), ma è anche l’unico che sia mai arrivato in Italia, nel 1998, per le edizioni Il Minotauro (ristampato poi nel 2002 da Fabbri Editori nella collana Sherlock Holmes & Co.). I restanti titoli, inediti in Italia, sono Sherlock Holmes and the Charlie Chaplin Mystery (1980?), Sherlock Holmes and the Eminent Thespian (1988), Sherlock Holmes and the Brighton Pavilion Mystery (1989), Sherlock Holmes and the Houdini Birthright (1995), Sherlock Holmes and the Yule-tide Mystery (1996), Sherlock Holmes and the Man Who Lost Himself (1996), Sherlock Holmes and the Baker Street Dozen (1997), Sherlock Holmes and the Circus of Fear (1997), Sherlock Holmes and the Greyfriars School Mystery (1997), Sherlock Homes and the Theatre of Death (1997), Sherlock Holmes and the Sandringham House Mystery (1998), Sherlock Holmes and the Tomb of Terror (1999), Sherlock Holmes on the Western Front (1999), Sherlock Holmes at the Varieties (1999), The Torment of Sherlock Holmes (1999), Sherlock Holmes and the Longacre Vampire (2000), Sherlock Holmes and the Holborn Emporium (2001), Sherlock Holmes and the Secret Seven (2001), The Ghost of Baker Street (2006), The Prince of Ventriloquists: Another Case for Sherlock Holmes (2006).

giovedì 1 ottobre 2015

Avventura in Toscana per Sherlock Holmes

Sherlock Holmes è mai stato in italia? Le sue stupefacenti qualità investigative erano reali? Chi era in realtà, e che fine ha fatto il terribile Jack lo Squartatore? È possibile che, pur essendo vissuti nello stesso periodo storico e nella stessa città, il brillante detective non abbia mai dato la caccia al più famoso serial killer della capitale britannica di fine ’800? Le risposte a tali domande vengono narrate in questo libro che descrive l’incredibile inseguimento a Jack lo Squartatore da parte di Sherlock Holmes e del fido Dottor Watson, che partendo da Londra e passando per il Carnevale di Venezia, li condurrà in terra toscana, nell’unica, paradossale e rocambolesca avventura italiana del più famoso investigatore privato del mondo.


Londra, 1890. Jack lo Squartatore continua a tenere nel sacco l’intera polizia metropolitana, mentre la popolazione a gran voce chiede l’intervento del più grande investigatore del mondo, solo che in realtà Sherlock Holmes non è nient’altro che un imbroglione alcolizzato, e il Dr. Watson ha inventato tutte le avventure che lo hanno reso celebre (notate niente di già visto?). Non solo: ogni volta che Holmes pronuncia l’odiosa quanto celeberrima frase «Elementare, Watson!» il buon dottore prova un dolore lancinante a un testicolo, e in tutta risposta lancia una pallina di piombo con ferocia all’indirizzo della testa del detective… In tutto ciò l’ispettore Lestrade non è affatto sciocco come si potrebbe pensare, ed è al corrente della verità sul duo ma tace per amicizia, e perché comunque la cosa volge a proprio vantaggio. Ma l’ispettore non è l’unico ad aver intuito la verità: anche lo Squartatore sa bene che Holmes è un incapace, e lo ha sfidato con una lettera. L’investigatore, punto sul vivo, decide di travestirsi da donna (con risultati ignobili) e di aggirarsi per Whitechapel alla ricerca del maniaco. Maniaco sì, fesso no: il travestimento di Holmes è talmente terribile che viene riconosciuto immediatamente dall’assassino, che prudentemente gli gira al largo. Purtroppo per lui la Regina ha deciso di usare le maniere forti, allestendo una squadra di servizi segreti che riesce, in seguito a un lavoro di indagine su vecchi casi di omicidio, a intuire la sua vera identità. Ma cosa farne, una volta preso? Rendere pubblica la sua identità è da escludere, poiché viene da una famiglia nobile, quanto a giustiziarlo a sangue freddo non se ne parla, Lestrade è del tutto contrario a ciò. Esiste però una terza possibilità: degli scienziati hanno messo a punto una macchina del tempo in grado di inviare oggetti e animali nel futuro, anche se non è in grado di fare il procedimento inverso… potrebbe funzionare con gli esseri umani! Ecco la soluzione, mandare Jack lo Squartatore in una zona isolata della Toscana del 1950! Che colpo di genio! Ma Holmes e Watson, invitati a questa strana “esecuzione”, combinano un pasticcio e si ritrovano nel bel mezzo del Carnevale di Venezia del 1966, scoprendo che il mostro di Londra ha parso il pelo ma non il vizio, diventando il mostro di Firenze. Toccherà ai due, nonostante tutto, mettersi sulle sue tracce e porre fine ai suoi terribili delitti.
Se l’intento era quello di scrivere una parodia l’autore ha mancato il bersaglio di parecchio. Siamo anni luce da Un samba per Sherlock Holmes o da Senza indizio. I personaggi non hanno spessore, sono poco credibili e risultano alquanto fastidiosi, almeno per la prima parte del libro. Giunti nella Venezia del 1966, infatti, i due cambiano radicalmente, ma nonostante tutto rimangono piuttosto inconsistenti. Manca quella verve capace di stimolare la risata, e la trovata del testicolo (oltre che di cattivo gusto) stanca già la seconda volta. Se l’intento era quello di creare una realtà alternativa, in cui i due vengono catapultati nel futuro per inseguire lo Squartatore, direi che si è persa un’occasione. L’idea di base potrebbe essere vincente, ma in quel caso Holmes e Watson dovrebbero essere canonici e il tenore dovrebbe essere serio e drammatico.
In definitiva, questo romanzo scritto per scommessa nel 1996 da Piero Paciaroni non convince. Per chiunque volesse reperirlo, è stato stampato nel 2009 da Edizioni Simple ed è disponibile negli store online.