domenica 27 dicembre 2015

Sherlock Holmes e lo Squartatore di Chilford

Un killer sconvolge la quiete della cittadina inglese di Chilford, nell’Essex; si tratta di un feroce assassino che non solo uccide, ma mutila senza apparente ragione i corpi delle sue vittime. Chiamato ad aiutare l’ispettore Lestrade di Scotland Yard che brancola nel buio, Sherlock Holmes e il suo fido amico dottor Watson giungono sul posto proprio nel momento in cui accade l’ennesimo efferato omicidio. Con l’impareggiabile acume abduttivo che contraddistingue il segugio inglese, il fedele Watson ci racconta questa sua nuova cronaca, richiestagli a gran voce dall’editore dello Strand Magazine, che non solo ci rivela i misteri che si celano dietro queste brutali morti, ma anche le implicazioni di una cospirazione agli alti vertici del governo inglese dell’epoca vittoriana.


Quattro omicidi in quattro giorni. Mai Sherlock Holmes si era dovuto confrontare con un assassino così violento e calcolatore! Naturalmente il movente c’è, e Holmes non tarda ad individuarlo: una volta trovata la causa, ben presto viene svelata l’identità dell’assassino, soprattutto in una piccola comunità come Chilford. Se vogliamo, l’autore pecca proprio in questo. Avendo ambientato il dramma in una piccola cittadina, infatti, non c’è motivo di far avvenire i delitti in una sequenza così ravvicinata, restringendo la rosa dei possibili colpevoli… Questo incide sull’effettiva indagine di Holmes, che trova gli indizi e individua l’assassino senza doversi sforzare più di tanto! A parte questo, il romanzo è abbastanza fluido e la ricostruzione dei personaggi di Holmes e Watson è abbastanza buona. Certo, Watson indugia un po’ troppo nel conformismo vittoriano, oltre che in quello militare/cameratesco, e devo ammettere che si tratta di un’interpretazione del personaggio piuttosto fastidiosa che si trova solo in alcuni apocrifi, in quanto in realtà nel canone non è così marcata. Quello che trovo decisamente fuori luogo è l’introduzione al romanzo, la storia della lettera a Holmes e gli altri casi da non narrare: perché rivelare particolari di casi che poi non devono essere pubblicati, proprio a causa di questi particolari? Dire il peccato per non dire il peccatore a volte rivela proprio l’identità del peccatore…
Ma dimenticando questa (pessima) introduzione e concentrandoci sul romanzo il giudizio resta incerto. Si sa che di fronte a un apocrifo si è sempre molto critici, ma tutto sommato questo merita una lettura. La trama ha spunti interessanti e i personaggi sono buoni: non sarà un capolavoro ma le ore passeranno piacevolmente.
Uscito nel 2005, è stato pubblicato in Italia per la prima volta da DelosBooks nel 2008. L’autore, Roger Jaynes, nel 2003 ha pubblicato A duel with the Devil, mentre nel 2008 ha pubblicato insieme a Emanuel E. Garcia e a Eddie Maguire Sherlock Holmes and the Three Poisoned Pawns, entrambi inediti in Italia.

venerdì 25 dicembre 2015

Merry Christmas


La campana della Vigilia

Tre giorni prima di Natale la signorina Millicent Bayliss si precipita in Baker Street per parlare con Holmes a proposito dei suoi timori, riguardanti un possibile attentato alla vita del padre, il colonnello John Bayliss di Allenbury Park, nei pressi di Alnwick. Egli è un ricco possidente, e i sospetti che la sorella Alyson, con la complicità di suo marito Theodore, che versano in grave crisi finanziaria, miri a una ricca eredità ha messo in agitazione la signorina Millicent. I timori della giovane potrebbero concretizzarsi proprio la vigilia di Natale, quando la famiglia Bayliss si riunisce in occasione delle festività, celebrando un’antica tradizione, cantando gli inni e suonando la campana nella cappella di famiglia…


Scritto da Anne Perry per una raccolta di racconti a tema natalizio, Un Natale in Holmes, fa da apripista ai suoi colleghi disegnando un piccolo dramma familiare, che pur partendo da un movente scontato ha il pregio di avere una ingegnosa peculiarità nell’esecuzione del crimine. Il racconto è breve, non consente troppi approfondimenti o “margini di manovra”, però risulta comunque molto scorrevole e ben scritto. I personaggi sono molto buoni e tutto sommato convincenti, in particolare Holmes e Watson.
La raccolta è del 1996, edita in Italia nel 2011 da Gargoyle Books. Anne Perry ha pubblicato inoltre i racconti The Christmas Gift nella successiva raccolta More Holmes for the Holidays (1999), inedito in Italia, e Ostaggio alla sorte (1999), pubblicato in Supergiallo Mondadori n. 17 (2000).

martedì 17 novembre 2015

Sherlock Holmes e la tragedia del Titanic

Nel 1912 Holmes e Watson si trovano a bordo del Titanic diretti in America, dove il detective inglese deve intraprendere una missione governativa top secret. Travestito da commodoro, Holmes ha anche l’incarico di badare a Christine Norton, giovane e attraente agente segreto, che deve consegnare alla marina statunitense dei progetti di grande importanza su di un sommergibile. Poco dopo la partenza i piani segreti vengono rubati e nascosti all’interno del transatlantico. La lista dei sospettati viene ristretta a un breve elenco di passeggeri, tra cui una bellissima vedova che non cela il suo interesse per il dottor Watson, ma soprattutto sul colonnello James Moriarty, fratello del leggendario professor Moriarty. Mentre l’indagine procede e la trama si infittisce, il Titanic si muove rapidamente attraverso l’Atlantico in direzione di New York.

 
Un romanzo datato 1996, ad opera di William Seil, giornalista e scrittore americano. Opera prima che centra subito il bersaglio, perché abbiamo tra le mani un ottimo apocrifo. L’ambientazione è sicuramente suggestiva, e lo svolgimento degli eventi reali ripercorre abbastanza fedelmente quelli tragici dell’affondamento del Titanic (senza Leonardo Di Caprio). Questi inoltre a loro volta sono incastrati con il continuum del Canone, che vede Holmes nel bel mezzo di una attività di spionaggio nel 1912. Una menzione meritano i personaggi principali (che sono molto vicini agli originali) e quelli secondari (sempre molto credibili e piuttosto interessanti). A voler trovare dei difetti, si può discutere sull’inserimento del colonnello James Moriarty, fratello del defunto professore (e perché anch’egli si chiama James?) in una trama che ne avrebbe fatto tranquillamente a meno. Di sicuro è intrigante, ma forse un po’ forzato. Oltretutto, non è un personaggio che si eleva sopra gli altri, anzi si fa notare solo sul finale in una sorta di deja vu
A voler essere pignoli, poi, non si vede la necessità di ambientare la trama sul Titanic: funziona così bene che “spostandola” su un qualsiasi altro transatlantico cambierebbe poco o nulla. Solo sul finale, infatti, quando assistiamo alla tragedia, ci ricordiamo che siamo sul Titanic, e che non arriverà mai a New York: se si trattasse di un’altra nave e il romanzo si concludesse con un tranquillo arrivo in porto nulla a mio avviso si perderebbe della bellezza dell’intreccio.
Una curiosità: l’agente del governo inglese che coinvolge Watson in questa avventura, su richiesta di Mycroft, si chiama Sidney Reilly, esattamente come la spia di Sherlock Holmes e il diario segreto del dottor Watson… singolare, vero?
Il romanzo è stato pubblicato in Italia per la prima volta nel 2009 da DelosBooks.

mercoledì 28 ottobre 2015

La strana persecuzione

Da tre anni, ogni primo di maggio, un pacco anonimo viene recapitato al milionario industriale del tabacco John Vincent Harden, e il contenuto è sempre una pistola. Una ben strana minaccia, che potrebbe concretizzarsi il prossimo primo di maggio. La signora Harden è angosciata al pensiero, e si reca in segreto da Sherlock Holmes chiedendo il suo aiuto. Caso strano, anche il signor Harden contatta Holmes, ma la natura del problema che espone è ben diversa: egli teme per il figlio Vincent, un ventenne debole di carattere che frequenta assiduamente un uomo di nome Anthony Smith, il quale esercita una elevato influenza sul giovane Vincent. Possibile che i due fatti siano collegati?

 
“…la strana persecuzione di cui era vittima John Vincent Harden, il re del tabacco…” (Il ciclista solitario). Siamo in pieno dramma familiare: il padre è un industriale arricchito dal carattere forte, e si presume abbia molti nemici; la madre è debole e devota; il figlio è un ventenne smidollato e viziato, facile preda di gente senza scrupoli che può indirizzarne il pensiero e le azioni. Davanti a loro ecco il misterioso Anthony Smith, che vanta i doni dell’eloquenza e della cultura, dalle cui labbra pende il giovane Vincent. Sherlock Holmes ha un degno avversario, astuto e senza scrupoli, ma da vecchia volpe qual è saprà renderlo innocuo. In mezzo a tutto questo, Holmes troverà il tempo di occuparsi della misteriosa faccenda che interessa la signorina Violet Smith.
Ancora una volta Réouven dosa bene i tempi e riesce a incastrare un racconto del Canone con uno di quelli “accennati” dal dottor Watson, e la farina del sacco di questo autore è di prima qualità. Bella atmosfera, ottimo il contorno e personaggi interessanti. Sopra a tutto e tutti, ovviamente, una coppia di protagonisti che sembra uscita dalle pagine di Doyle. La trama tende ad essere forse un po’ scontata, nel senso che si intuisce ben presto come andrà a finire, ma il racconto resta meritevole di una lettura.
Il racconto fa parte del volume I passatempi di Sherlock Holmes, edito nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.

lunedì 26 ottobre 2015

L'improvvisa morte del cardinale Tosca

In una biblioteca ebraica a Londra trova la morte in circostanze misteriose il cardinale Tosca, uno dei possibili papabili nel caso di una prematura dipartita di Papa Leone XIII. Egli non solo si era recato nella biblioteca sotto falso nome e senza avvisare la Santa Sede, ma vi si era chiuso dentro la notte per proseguire i suoi studi, solo che al mattino è stato trovato morto, con un’espressione d’orrore dipinta in faccia e senza alcun segno di avvelenamento. La situazione, come si può immaginare, è estremamente delicata, pertanto il cardinale Sarto, che già aveva consultato Holmes per la faccenda dei Cammei Vaticani, si reca in Baker Street per chiedere l’aiuto del grande detective per risolvere la faccenda…


“…la famosa indagine nell'improvviso decesso del cardinale Tosca…” (Il capitano di lungo corso). Réouver ci ha preso gusto ad “agganciare vagoni alla locomotiva”, vale a dire al Canone, ed ecco quindi un altro caso citato e mai narrato dal dottor Watson, e di sicuro uno dei più famosi assieme al Ratto gigante di Sumatra. Ma come dicevo a proposito di un altro apocrifo dello stesso autore, ben vengano!
Il caso è decisamente particolare, pesca a piene mani dalle leggende ebraiche fondendole con quelle cattoliche, e dietro c’è un complotto antisemita che mira a mantenere in cattiva luce gli ebrei, un complotto che parte dall’Austria…
Al di là delle implicazioni religiose, attenendosi ai puri fatti (come Holmes insegna), il racconto è ben scritto e scorre molto bene. Réouven riesce a ricreare molto bene i personaggi di Holmes e Watson, e a contornarli di soggetti altrettanto interessanti. Trapela un certo studio, tanto da poter parlare così a fondo di leggende ebraiche, calate in un contesto crudo e reale come quello di Whitechapel. Un apocrifo decisamente molto buono, vale sicuramente la pena leggerlo.
Il racconto fa parte del volume I passatempi di Sherlock Holmes, edito nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.
Per quanto riguarda gli autori che hanno voluto dire la loro sulla morte del cardinale Tosca, vale la pena ricordare (correndo il rischio di scordare qualcuno) Ann Margaret Lewis, Hugh Ashton, Alder Nowland, e il nostro Luca Martinelli.

giovedì 22 ottobre 2015

La tragedia degli Addleton

Nel novembre del 1894 una giovane donna si reca a Baker Street portando con se un antico rotolo di pergamena, un palinsesto, in cerca del dottor Watson. Egli non è in casa, e la giovane lascia la pergamena alla signora Hudson. Grande è la sorpresa da parte di Holmes e di Watson nell’apprendere che la giovane non cercava i servigi dell’investigatore, ma ancor più grande meraviglia susciterà il testo del palinsesto: una storia antica di figli illegittimi in cui scorre sangue reale, un documento dal valore incalcolabile non solo dal punto di vista storico, ma soprattutto per le conseguenze dell’identificazione dei gemelli e della pubblicazione di tale scoperta. Un documento che ha già fatto versare sangue e potrebbe non essere sufficiente…


…un resoconto della tragedia Addleton, e il contenuto singolare di un antico tumulo inglese…” (Il segreto degli occhiali a Pince-Nez). Questo apocrifo di René Réouven prende spunto da uno dei tanti casi citati (e mai narrati) da Watson nel Canone. Doyle, da vecchia volpe qual’era, ha infatti disseminato casualmente qua e là queste citazioni per far sembrare la sua produzione assai più ampia, e di conseguenza anche i successi di Holmes: sono più di 100 le untold stories, e ben presto sono state prese come punto di partenza da svariati autori per i loro apocrifi. Réouven non fa eccezione, tanto che chiede scusa al maestro Arthur Conan Doyle “per aver agganciato qualche vagone in più alla sua locomotiva”. Ma se si tratta di vagoni come questo, ben vengano!
Questo è davvero un apocrifo come si deve, ben incastrato nel Canone (tanto da alternare le fasi iniziali all’avventura dei Pince-Nez), molto ben raccontato, rispettoso dei personaggi. Ma soprattutto c’è una storia di fondo solida, che è fondamentale. Non basta tratteggiare bene Holmes e Watson: se non c’è una trama alla base, qualsiasi apocrifo crolla miseramente. Qui salta all’attenzione immediatamente che l’autore non solo è conoscitore dell’opera di Doyle, ma ha fatto numerose ricerche storiche per rendere il suo racconto credibile. Ed ha centrato l’obiettivo.
Del resto, non è la prima volta che Réouven scrive opere su Sherlock Holmes. Dal 1982 al 1990 pubblica infatti molte avventure con protagonista il detective di Baker Street, vale a dire: Élémentaire, mon cher Holmes (1982, sotto lo pseudonimo di Albert Davidson), L'Assassin du boulevard (1985), Le Bestiaire de Sherlock Holmes (1987, raccolta di racconti), Le Détective volé (1988), Les Passe-temps de Sherlock Holmes (1989, raccolta di racconti), Le Drame ténébreux qui se déroula entre les frères Atkinson de Trincomalee (1989, racconto all’interno del volume Le Nouveau Musée de l'Holmes), Histoires secrètes de 1887 (1990, racconto all’interno della rivista Enigmatika n. 40), La Plus Grande machination du siècle (1990, racconto all’interno della rivista Histoires de machinations). Nel 1993 esce Histoires secrètes de Sherlock Holmes, in cui viene raccolta tutta la produzione di Réouven su Sherlock Holmes. Purtroppo in Italia solo la raccolta I passatempi di Sherlock Holmes è stata edita nel 1990 dalla Libreria del Giallo, e successivamente ristampata nel 2002 all’interno della collana Sherlock Holmes & Co. da Fabbri Editori.

martedì 20 ottobre 2015

Il mistero delle paludi del Fox Tor

Nella tarda primavera del 1907 Holmes chiede a Watson di raggiungerlo a Dartmoor, la brughiera che già aveva fatto da sfondo al caso del mastino dei Baskerville, per una misteriosa scomparsa. Il conte Bielonskij, un ricco e nobile russo che ha acquistato proprio il maniero dei Baskerville, ritirandosi a vivere lì con la moglie. Appassionato studioso dell’ipnotismo e della psicologia occulta, il conte ha un passato da rivoluzionario e si teme un rapimento a sfondo politico, se non addirittura un omicidio. Uscito a passeggio col cane, non ha fatto ritorno, e l’unica cosa che è stata trovata sono i suoi vestiti. Holmes, su richiesta del fratello Mycroft, e quindi del governo britannico, è chiamato a indagare…


Ahimè, si tratta di un apocrifo piuttosto brutto. Dietro la scomparsa, infatti, c’è un misterioso rito iniziatico presso un villaggio neolitico accanto alla palude di Fox Tor: antichi popoli risorgono in notti particolari e il conte, fanatico studioso, altro non ha fatto che sacrificare il cane e unirsi nella morte a questi esseri. Oltre a ciò, ha inviato dei segnali psichici a Holmes che lo ha sognato, e da allora questi ha deciso di studiare i fenomeni psichici e occulti (altro che allevare api nel Sussex), dedicandosi anima e corpo e intraprendendo anche una serie di conferenze negli Stati Uniti e in Australia!
Confesso che avevo rimosso questo racconto, dopo averlo letto anni fa, ma ora che l’ho riletto farò fatica (purtroppo) a dimenticarlo. Va bene tutto quando si parla di apocrifi, anche mischiare la fantascienza o l’occultismo, ma è destabilizzante leggere una raccolta di racconti impostata in maniera “tradizionale” da parte di un autore, e poi nell’ultimo trovarsi di fronte a una scelta così strana. Il racconto in sé, preso singolarmente, potrebbe anche non essere male, a patto che si arrivi preparati: esistono varie raccolte di racconti a vario tema con protagonista Sherlock Holmes, e il lettore sceglie o meno di vedere il detective impegnato in casi non tradizionali semplicemente leggendo la quarta di copertina. Oltre a ciò, non c’è nessun “caso”: il conte appare in sogno a Holmes e gli spiega tutto… bella forza!
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

La vera storia del gigantesco topo di Sumatra

Sherlock Holmes e il dottor Watson sono in Cornovaglia per un periodo di riposo, in seguito al superlavoro cui è stato vittima il detective. I suoi nervi necessitano riposo, e già in passato la penisola sud occidentale è stata scelta come meta dall'investigatore per calmare i suoi nervi. Ma è l’inattività che fa più male al detective… Per fortuna il destino a volte segue percorsi tortuosi, ed ecco che un problema si presenta proprio lì dove Holmes e Watson hanno preso alloggio: una nave proveniente dall’isola di Sumatra naufraga sulle coste della Cornovaglia, l’equipaggio non si salva ad eccezione del capitano, ma qualcos’altro sbarca sulla terra inglese, qualcosa di mostruoso, un gigantesco ratto che semina distruzione. Trovarlo ed eliminarlo non è facile, e Holmes ricorrerà a un vecchio trucco…

Come Jessica Fletcher, la Signora in Giallo, anche Sherlock Holmes quando va in vacanza si imbatte in misteri e delitti. Non fa eccezione questo apocrifo che vuole gettare luce una volta per tutte sul gigantesco ratto di Sumatra citato nel Canone, ma purtroppo sarebbe stato preferibile rimanere all’oscuro di tutto! Il racconto non sta in piedi, è farraginoso. Ci sono due studiosi rivali che cercano in tutti i modi di ostacolarsi: uno dei due torna da Sumatra con il ratto a bordo ma la nave naufraga sulle coste della Cornovaglia, muoiono tutti tranne il capitano e il ratto scappa seminando distruzione. Holmes escogita un piano, telegrafa a Grenoble all’artista cui commissionò il busto usato nella Casa vuota e gli da appuntamento dopo due giorni in Baker Street. Ora, ammettendo che bastino due o tre giorni per realizzare una gigantesca femmina di ratto in cera (la “gigantesca topa di Sumatra” non si può sentire…) e portarla da Grenoble (Francia) a Londra, perché Holmes e Watson devono tornare a Baker Street (con Watson che riparte per la Cornovaglia praticamente subito, solo per raccomandare a Lestrade di non divulgare la storia!) e non si fanno spedire direttamente la statua? E poi c’è l’ingarbugliata vicenda tra i due studiosi, che praticamente hanno cercato di ammazzarsi a vicenda…
La trappola non riesce, il ratto decide di tuffarsi affrontando l’oceano per cercare di tornare a Sumatra (si sa che i ratti amano l’acqua!) ma sfortunatamente affoga dopo poche centinaia di metri, quindi senza prove in mano Holmes decide che “il mondo non è ancora pronto” per questa vicenda. La trama non è scorrevole, anzi a tratti “ingarbugliata” lo è davvero, e un ratto che preferisce suicidarsi allo scorrazzare libero per la campagna inglese non è credibile…
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).
Sul famoso ratto di Sumatra in tanti hanno voluto dire la loro: Daniel Gracely, Richard L. Boyer, Sid Fleischman, Jorg Kastner, Alberto López Aroca, David Stuart Davis, Paul D. Gilbert, Alan Vanneman (e probabilmente ne sto dimenticando qualcuno), nonché recentemente il nostro Gianfranco Sherwood.

Il misteriso caso del banchiere Fertonani

Sotto il Ponte dei Frati Neri, a Londra, è stato trovato impiccato Antonio Fertonani, un noto banchiere italiano, influente negli ambienti politici europei. A prima vista sembrerebbe un suicidio, ma in realtà dietro c’è un complesso complotto politico. Nelle tasche del banchiere, infatti, sono stati trovati dodici sassolini bianchi: un messaggio criptico destinato a persone influenti. Holmes decide di indagare, recandosi di notte assieme a Watson sotto il Ponte dei Frati Neri, ma viene ferito a una spalla da un proiettile, e solo l’intervento dell’amico lo salva da altri colpi che potrebbero essere mortali. Grazie all'intraprendenza dei suoi giovani Irregolari e alla collaborazione del fratello Mycroft, la rete verrà tesa sui colpevoli…


Dietro la finzione si cela un triste episodio, realmente accaduto nel 1982, vale a dire il ritrovamento del corpo di Roberto Calvi (banchiere italiano), impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri. Dopo una iniziale sentenza di suicidio, successivamente prese vigore l’idea dell’omicidio. Da questo fatto di cronaca l’autore prende spunto ed ecco il banchiere italiano Fertonani che viene ritrovato impiccato sotto il Ponte dei Frati Neri, vittima di un complotto ordito da oscuri affaristi con interessi criminosi. Holmes indaga, viene ferito a una spalla ma non demorde e scopre la verità. Non manca l’ennesima disquisizione sulla musica rinascimentale (ormai un clichè…) e la cena in un ristorante italiano. Holmes e Watson sono abbastanza canonici, l’uno non è troppo saccente e l’altro non è così stupido. Tutto sommato si tratta di una buona storia apocrifa, certamente particolare per l’inquietante parallelismo col fatto di cronaca e ben strutturata.
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

La scomparsa dell'archeologo innamorato

Sir Reginald Crowder, un archeologo piuttosto noto, scompare durante una spedizione in Egitto alla ricerca della città perduta di Berenice Pancrasia, nota nell’antichità per le enormi ricchezze. Ma quello che più colpisce è che pare egli sia volutamente sparito, insieme a una giovanissima ragazza egiziana di cui si è perdutamente innamorato. Lady Crowder non crede alle apparenze né alle lettere spedite dal marito in cui egli spiega le sue ragioni allegando una ciocca di capelli della giovane, perciò consulta Sherlock Holmes perché faccia luce sul mistero. Ma il detective è molto impegnato, non può muoversi da Londra, perciò toccherà al dottor Watson recarsi in Egitto, assieme al professor Fothergill Staunton del British Museum, sulle tracce dell’archeologo innamorato…

In questo racconto la parte del leone tocca a Watson, come già avvenuto in altre avventure del Canone o apocrife. Tocca al buon dottore sobbarcarsi un lungo e difficoltoso viaggio in Egitto, a fianco a un esasperante professore del British Museum, sulle tracce dell’archeologo scomparso. Arrivati a destinazione, troveranno una mummia che non è quello che sembra, e toccherà a Holmes fare ancora una volta luce su una scoperta che si rivelerebbe una enorme bufala, e quindi un grande danno di immagine per tutta l’Inghilterra, creata ad hoc dagli arabi. Purtroppo in questo apocrifo la parte del leone la fanno una trama un po’ sgangherata, un Watson piuttosto stupido e un Holmes saccente. Non si capisce il motivo per cui Holmes resti in Inghilterra lasciando invece partire Watson, e questi ovviamente si limita ad essere osservatore e scrittore di quello che avviene in Egitto, senza pesare in alcun modo nella vicenda. Una spedizione che l’egittologo Staunton poteva gestire da solo (visto che in pratica fa tutto lui) e che si rivela un tentativo di farsi beffe del governo britannico. Non si tratta di una vicenda tra le più memorabili di Holmes, sia come idea di base che come caratterizzazione dei personaggi.
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

Il salterio infarinato

Un gentiluomo gallese muore di cancrena alle gambe, dopo aver trascorso gli ultimi due giorni della sua vita abbaiando e cantando nenie popolari. Contemporaneamente il figlio si uccide picchiando ripetutamente la testa al muro. La figlia viene ricoverata al manicomio dopo aver tentato di gettarsi nello stagno della tenuta. Il fidanzato della giovane, l’avvocato Henry Haterley, consulta Sherlock Holmes in quanto sospetta ci sia un complotto per annientare la famiglia Algernon, e dopo poco tempo viene trovato morto, orribilmente sfigurato dalle pale di un mulino. Holmes e Watson si recano in Galles, nel distretto minerario di Glynloes, per fare luce sulla tragedia e assicurare alla giustizia i responsabili dei delitti…


Nonostante le buone premesse, e una forma apprezzabile, in questo racconto pecca notevolmente la sostanza… Innanzitutto perché Holmes inizialmente rifiuta il caso, esponendo il giovane avvocato a rischi sicuri e condannandolo a una morte orribile? E’ abbastanza inspiegabile un atteggiamento del genere da parte del detective, ed è troppo facile muoversi quando ormai c’è un morto sulla coscienza. Oltre a ciò, anche intuire chi c’è dietro ai delitti è piuttosto facile, essendo la comunità mineraria piuttosto piccola e i personaggi di spicco che ci vengono presentati dall’autore si contano sulle dita di una mano. Infine, già alla lettura dell’articolo iniziale si intuisce il mezzo terribile che è stato usato per far impazzire i membri della famiglia Algernon…
A mio avviso questi sono punti cardine che fanno pendere il giudizio da una parte o dall’altra: non è facile da digerire un Holmes che manda via il suo cliente senza intervenire solo perché “Haterley aveva dei precisi sospetti su qualcuno, ma non me li ha voluti rivelare”. E poi a nulla vale fare mea culpa: Sherlock Holmes non si comporta in maniera così sconsiderata…
Apparso per la prima volta in Sherlock Holmes e il banchiere italiano ucciso a Londra sotto il Ponte dei Frati Neri (Liber Internazionale, 1995), è stato ristampato nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

Il caso delle tre sorelle

Nel gennaio del 1905 Holmes e Watson sono nel loro salotto di Baker Street. Holmes è totalmente preso da una ricerca scientifica sui sifneidi e una loro presunta coscienza razionale, tanto da dedicarvisi completamente per settimane, ma la visita di una cliente lo distrae dalla sua ricerca. La signorina Maryann Froyes ha due sorelle minori: Edna, scrittrice, e Nora, pittrice, in Italia per viaggio di studio. Ad allarmare la maggiore delle sorelle Froyes è un telegramma, che annuncia la scomparsa di Nora da più di una settimana, seguito da un altro telegramma tre giorni dopo che smentisce il precedente, affermando che Nora stava benissimo. Il comportamento delle sorelle è sospetto, e Holmes decide di recarsi in Italia, più precisamente in Toscana, assieme al suo amico Watson per fare luce sul mistero…


Partendo da uno spunto banale, che non è altro che un pretesto per "spostare" Holmes e Watson da Londra in Toscana, l'autore ci offre un mistero che tanto mistero non è, al massimo un piccolo dramma familiare neppure tanto insolito a quell'epoca. La trama non è memorabile, ma comunque piacevole. I due arrivano in Toscana, e senza sforzo trovano le due sorelle, di cui una ingravidata da un balordo italiano.
Holmes e Watson sono ben tratteggiati, mai sopra le righe ma anzi plausibili per come dovrebbero essere (cioè intorno ai 60 anni) nel 1905. A questo proposito, l'autore ritiene di dover precisare che in realtà Holmes simulò il suo ritiro nel Sussex del 1903, ma in realtà spesso e volentieri tornava in Baker Street per dedicarsi alla soluzione di casi che destano il suo interesse.
Apparso nel volume Il caso delle tre sorelle della serie Sherlock Holmes & Co. (Fabbri Editori, 2003).

giovedì 8 ottobre 2015

L'uomo che mangiava le Fisherman's

«Elementare, Holmes!». Così viene accolto il celebre detective da un euforico Watson, fermamente convinto di aver risolto il mistero di un terribile delitto avvenuto nella notte. Una prostituta sadicamente seviziata e strangolata con una corda come quelle che solitamente i marinai tengono alla vita. Gregson e Lestrade sono corsi a fermare il colpevole, che si era imbarcato per l’Australia, appena in tempo prima che la nave lasciasse il Tamigi. La presenza di Sherlock Holmes non sembra affatto necessaria, anzi del tutto inutile. Ma l’apparenza spesso inganna, e il grande investigatore lo dimostra facendo andare i pezzi del puzzle al posto che gli spetta, e dimostrando l’innocenza del povero marinaio che mangiava le Fisherman’s…


Un piccolo gioiello, a firma di Gianni Rizzoni, pubblicato per la prima volta nella Agenda Sherlockiana del 1987. Un racconto breve fatto di dialoghi serrati, di personaggi ricostruiti in maniera impeccabile, di un gioco di specchi che disorienta il povero Watson (e di conseguenza Gregson e Lestrade) facendogli vedere la visione semplicistica del caso e facendolo inesorabilmente cadere in errore. A un Watson precipitoso si contrappone un Holmes misurato e acuto, come siamo abituati a vederlo nel Canone. E ovviamente non tralascia alcun indizio, risolvendo brillantemente il caso. Come detto, un gioiello. Un apocrifo breve ma perfettamente riuscito.
Edito nel 1987, è stato ristampato dalla Fabbri Editori nella collana Sherlock Holmes & Co. nel 2002, assieme a 30 Duke Street, dello stesso autore.

30 Duke Street

Londra, agosto 1911. Sherlock Holmes torna a Londra dal suo ritiro nel Sussex per far visita al vecchio amico Alfred Dunhill, un tempo uno degli Irregolari al servizio dell’investigatore, ora proprietario di un negozio ben avviato di articoli per fumatori, che vanta illustri clienti quali Winston Churchill, re Edoardo VIII e naturalmente lo stesso Holmes. Dunhill ha un problema da sottoporre al suo vecchio maestro, ma non è l’unico motivo ad aver spinto Holmes a lasciare momentaneamente il suo ritiro: Mycroft ha bisogno di Sherlock per “salvare la nazione”. Sono anni tumultuosi, nonostante la facciata non corre buon sangue tra l’Inghilterra e la Germania, l’ombra di una guerra si profila ineluttabile e Sherlock Holmes è chiamato a mettere il suo ingegno al servizio dell’Inghilterra…


La genesi di questo apocrifo, datato 1987, ad opera di un misterioso John R. Watson (dietro cui si cela il giornalista Gianni Rizzoni) è di per sé affascinante. Scritto per celebrare il centenario del detective, pubblicato da Rosa & Nero in contemporanea all’Agenda Sherlockiana, a Ucciderò Sherlock Holmes (autobiografia di Sir Arthur Conan Doyle) e all’Album del Centenario di Allen Eyles, è stato al centro di un “concorso” per scoprire l’epilogo voluto dall’autore. In una prima pubblicazione di sole 450 copie inviate a persone selezionate, infatti, mancava il finale: toccava al destinatario cercare proporre una soluzione plausibile, magari avvicinandosi a quella “originale”.
Ma al di là di tutto quello che interessa davvero è se si tratta di un buon apocrifo o meno. Bene, questo è senza dubbio un apocrifo ben riuscito, degno di figurare nella vostra libreria. Realtà storica e finzione si mescolano alla perfezione, Holmes e Watson sono perfettamente inquadrati e non sfigurano confrontati agli “originali”, e i due incontrano perfino Sir Arthur Conan Doyle e Winston Churchill. La trama è perfettamente incastrata nel Canone, e fa da prologo all’Ultimo saluto. Ottimi i dialoghi, e c’è anche un riferimento a L’uomo che mangiava le Fisherman’s, racconto apocrifo dello stesso Rizzoni. Nel 2012 il romanzo è stato ristampato da Metamorfosi Editore ed è disponibile anche in formato ebook.

Il mistero della Sala Egizia

Londra, 1898. Nel salotto di Baker Street il prestigiatore Cyril Randolph, meglio noto come Cyrano, chiede aiuto a Sherlock Holmes e al dottor Watson per ritrovare un anello dal valore inestimabile, scomparso durante uno dei suoi numeri di illusionismo. Egli si esibisce nella Sala Egizia, un teatro così piccolo e confortevole da sembrare un salotto, e invita i due allo spettacolo serale per indagare sul fatto. Ma proprio quella sera, al termine dell’esibizione, Cyrano viene trovato morto nel suo camerino. Il prestigiatore era stato minacciato di morte proprio durante il suo numero di magia da un rivale, Buatier De Kolta, ma la faccenda è più intricata di quello che sembra, e Sherlock Holmes dovrà fare luce sui misteriosi segreti che si celano nella Sala Egizia…


Riuscire nell’intento di realizzare un buon apocrifo non è mai semplice, c’è sempre dietro l’angolo il rischio di “personalizzare” i personaggi e renderli in qualche modo distanti dagli originali. Diciamolo subito: è un buon apocrifo, piacevole da leggere e curato sotto certi aspetti, ma… sotto altri purtroppo no! Punto primo: Watson interviene troppo spesso a sproposito (aspetto inesistente nel Canone), e Holmes reagisce “fulminandolo con uno sguardo velenoso”. I rapporti tra i due non sono mai stati così… Punto secondo: Watson ha una disavventura in treno (e successivamente in carrozza…), ma l’episodio non mi sembra necessario, anzi è del tutto superfluo (oltre che inverosimile). Avrebbe senso solo se sia il pazzo che il vecchio cocchiere fossero in realtà travestimenti di Holmes per burlarsi di Watson… Punto terzo: Watson (sempre lui) ha un flirt, o meglio un vero e proprio intrattenimento amoroso, con la ricca signora proprietaria dell’anello scomparso: al di là del fatto se sia plausibile o meno, è assurdo che il buon dottore “perda brevemente conoscenza” nel bel mezzo di ben altro (!), e che nemmeno lo ricordi!
Tutto sommato potremmo chiamarli “peccati veniali”, o “licenze poetiche”, ma dubito che un purista la veda in questi termini. In ogni caso sono dell’opinione che valga la pena dare una lettura a questo romanzo breve. Val Andrews è universalmente considerato uno degli autori che meglio ha saputo ricreare i personaggi e le atmosfere di Conan Doyle, in ben 21 libri editi tra il 1980 (anche se la data non è certa) e il 2006. Egli prima di dedicarsi alla scrittura ha lavorato a lungo nel campo della magia, quindi ha trasportato nei suoi scritti la materia che conosceva meglio, e con successo. Il mistero della Sala Egizia è il quarto libro di Andrews (edito nel 1993), ma è anche l’unico che sia mai arrivato in Italia, nel 1998, per le edizioni Il Minotauro (ristampato poi nel 2002 da Fabbri Editori nella collana Sherlock Holmes & Co.). I restanti titoli, inediti in Italia, sono Sherlock Holmes and the Charlie Chaplin Mystery (1980?), Sherlock Holmes and the Eminent Thespian (1988), Sherlock Holmes and the Brighton Pavilion Mystery (1989), Sherlock Holmes and the Houdini Birthright (1995), Sherlock Holmes and the Yule-tide Mystery (1996), Sherlock Holmes and the Man Who Lost Himself (1996), Sherlock Holmes and the Baker Street Dozen (1997), Sherlock Holmes and the Circus of Fear (1997), Sherlock Holmes and the Greyfriars School Mystery (1997), Sherlock Homes and the Theatre of Death (1997), Sherlock Holmes and the Sandringham House Mystery (1998), Sherlock Holmes and the Tomb of Terror (1999), Sherlock Holmes on the Western Front (1999), Sherlock Holmes at the Varieties (1999), The Torment of Sherlock Holmes (1999), Sherlock Holmes and the Longacre Vampire (2000), Sherlock Holmes and the Holborn Emporium (2001), Sherlock Holmes and the Secret Seven (2001), The Ghost of Baker Street (2006), The Prince of Ventriloquists: Another Case for Sherlock Holmes (2006).

giovedì 1 ottobre 2015

Avventura in Toscana per Sherlock Holmes

Sherlock Holmes è mai stato in italia? Le sue stupefacenti qualità investigative erano reali? Chi era in realtà, e che fine ha fatto il terribile Jack lo Squartatore? È possibile che, pur essendo vissuti nello stesso periodo storico e nella stessa città, il brillante detective non abbia mai dato la caccia al più famoso serial killer della capitale britannica di fine ’800? Le risposte a tali domande vengono narrate in questo libro che descrive l’incredibile inseguimento a Jack lo Squartatore da parte di Sherlock Holmes e del fido Dottor Watson, che partendo da Londra e passando per il Carnevale di Venezia, li condurrà in terra toscana, nell’unica, paradossale e rocambolesca avventura italiana del più famoso investigatore privato del mondo.


Londra, 1890. Jack lo Squartatore continua a tenere nel sacco l’intera polizia metropolitana, mentre la popolazione a gran voce chiede l’intervento del più grande investigatore del mondo, solo che in realtà Sherlock Holmes non è nient’altro che un imbroglione alcolizzato, e il Dr. Watson ha inventato tutte le avventure che lo hanno reso celebre (notate niente di già visto?). Non solo: ogni volta che Holmes pronuncia l’odiosa quanto celeberrima frase «Elementare, Watson!» il buon dottore prova un dolore lancinante a un testicolo, e in tutta risposta lancia una pallina di piombo con ferocia all’indirizzo della testa del detective… In tutto ciò l’ispettore Lestrade non è affatto sciocco come si potrebbe pensare, ed è al corrente della verità sul duo ma tace per amicizia, e perché comunque la cosa volge a proprio vantaggio. Ma l’ispettore non è l’unico ad aver intuito la verità: anche lo Squartatore sa bene che Holmes è un incapace, e lo ha sfidato con una lettera. L’investigatore, punto sul vivo, decide di travestirsi da donna (con risultati ignobili) e di aggirarsi per Whitechapel alla ricerca del maniaco. Maniaco sì, fesso no: il travestimento di Holmes è talmente terribile che viene riconosciuto immediatamente dall’assassino, che prudentemente gli gira al largo. Purtroppo per lui la Regina ha deciso di usare le maniere forti, allestendo una squadra di servizi segreti che riesce, in seguito a un lavoro di indagine su vecchi casi di omicidio, a intuire la sua vera identità. Ma cosa farne, una volta preso? Rendere pubblica la sua identità è da escludere, poiché viene da una famiglia nobile, quanto a giustiziarlo a sangue freddo non se ne parla, Lestrade è del tutto contrario a ciò. Esiste però una terza possibilità: degli scienziati hanno messo a punto una macchina del tempo in grado di inviare oggetti e animali nel futuro, anche se non è in grado di fare il procedimento inverso… potrebbe funzionare con gli esseri umani! Ecco la soluzione, mandare Jack lo Squartatore in una zona isolata della Toscana del 1950! Che colpo di genio! Ma Holmes e Watson, invitati a questa strana “esecuzione”, combinano un pasticcio e si ritrovano nel bel mezzo del Carnevale di Venezia del 1966, scoprendo che il mostro di Londra ha parso il pelo ma non il vizio, diventando il mostro di Firenze. Toccherà ai due, nonostante tutto, mettersi sulle sue tracce e porre fine ai suoi terribili delitti.
Se l’intento era quello di scrivere una parodia l’autore ha mancato il bersaglio di parecchio. Siamo anni luce da Un samba per Sherlock Holmes o da Senza indizio. I personaggi non hanno spessore, sono poco credibili e risultano alquanto fastidiosi, almeno per la prima parte del libro. Giunti nella Venezia del 1966, infatti, i due cambiano radicalmente, ma nonostante tutto rimangono piuttosto inconsistenti. Manca quella verve capace di stimolare la risata, e la trovata del testicolo (oltre che di cattivo gusto) stanca già la seconda volta. Se l’intento era quello di creare una realtà alternativa, in cui i due vengono catapultati nel futuro per inseguire lo Squartatore, direi che si è persa un’occasione. L’idea di base potrebbe essere vincente, ma in quel caso Holmes e Watson dovrebbero essere canonici e il tenore dovrebbe essere serio e drammatico.
In definitiva, questo romanzo scritto per scommessa nel 1996 da Piero Paciaroni non convince. Per chiunque volesse reperirlo, è stato stampato nel 2009 da Edizioni Simple ed è disponibile negli store online.

mercoledì 30 settembre 2015

L'ultimo caso di Sherlock Holmes

Il 16 febbraio 1926, John Herbert Watson, dottore in medicina, meglio noto a milioni di persone come il 'dottor Watson' dei racconti di Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, morì per le lesioni riportate in una caduta nella sua casa nei pressi di Lyndhurst, nell'Hampshire. Aveva settantatre anni. Quando venne letto il suo testamento, si scoprì che in un codicillo aveva lasciato istruzioni affinché una cassa contenente diversi documenti venisse affidata in deposito alla sua banca per un periodo non inferiore a cinquant'anni, al termine dei quali la cassa avrebbe dovuto essere aperta e il suo contenuto reso pubblico. Ma perché Watson non vuole che il manoscritto contenuto nella cassa, che narra l'ultima avventura di Sherlock Holmes, non sia pubblicato fino al 1976? Londra, molti anni prima, nel 1888, era stata scossa dalla famosa serie di omicidi di prostitute il cui autore, soprannominato Jack lo Squartatore, rimase sempre sconosciuto. Watson racconta che nelle indagini, in aiuto alla polizia che non riusciva a sciogliere l'enigma, fu chiamato Sherlock Holmes... Qual è dunque il mistero che Watson voleva svelato solo nel 1976 e, soprattutto, chi era Jack lo Squartatore?


La vicenda inizia con l’invito del solito ispettore Lestrade ad assistere la polizia nell’indagine per gli omicidi seriali compiuti da Jack lo Squartatore. Sorpreso nel bel mezzo di una delle sue crisi di noia esistenziale che soltanto la cocaina può alleviare, Holmes  accetta la sfida con entusiasmo, riconoscendo in Jack un fuoriclasse del crimine, malvagio ma geniale: in un certo senso un suo pari. Andando avanti con la trama, infatti, ben presto Holmes ritiene che dietro questi omicidi ci sia in realtà la mente geniale di Moriarty. La partita fra il criminale e il detective si snoda nei vicoli di Whitechapel, seguendo fedelmente tutto quanto la polizia appurò sui movimenti e sugli eventuali moventi dello Squartatore. Michael Dibdin  incastra con grande abilità realtà e finzione, riuscendo anche a collegare casi del Canone, fino a condurre Holmes e Watson là dove tutto, secondo l’intenzione originale di Conan Doyle, avrebbe dovuto avere fine: alle cascate di Reichenbach. Qui Doyle, semplicemente ACD, è l’agente letterario di Watson, colui che “ricama” un po’ sui resoconti di Watson per renderli adatti a una pubblicazione. Fino a qui siamo di fronte a un romanzo decisamente ben scritto, ben documentato, arricchito da piccole chicche come questa che lo fanno apprezzare ulteriormente, ma a un certo punto cambia totalmente la prospettiva, e assistiamo a uno sdoppiamento della personalità da parte di Holmes: è lui Moriarty, è lui lo Squartatore!
Il colpo di scena si rivela davvero un boccone amaro da digerire, e fino all’ultima pagina si spera che non sia vero niente, ma Dibdin non mostra pietà e arriva a far suicidare Holmes, che si getta nelle cascate di Reichenbach durante un momento di lucidità, per non far del male a Watson.
Perché dico che Dibdin non mostra pietà? Perché non ho potuto fare a meno di notare alcune forzature, atte a inchiodare Holmes a una colpevolezza e a un finale tragico.
Innanzitutto mette Watson nelle condizioni di assistere all’omicidio di Mary Kelly (e con una pistola in tasca): perché Watson non irrompe nella stanza in cui vede Holmes all’opera? Il vero Watson l’avrebbe fatto…
Perché Holmes cerca in tutti i modi di sbarazzarsi di Watson quella notte? Dunque agisce consapevolmente, non in seguito a uno sdoppiamento della personalità, o a seguito di assunzioni di cocaina... Eppure il finale sembra in contrasto con questa tesi: egli crede davvero di avere davanti Moriarty!
Inoltre: l’autore mette in bocca a Watson che Holmes avrebbe potuto dissezionare i cadaveri alla maniera di un chirurgo, ma ciò è palesemente inesatto… Sherlock Holmes non ha mai avuto le nozioni (e soprattutto la pratica) di un chirurgo, e percuotere i cadaveri con un bastone non è certo la stessa cosa!
Di tutto questo, nonché l’assurda idea che un detective privato possa addirittura decidere i turni di pattugliamento dei poliziotti di Scotland Yard (!), l’autore si è servito per rendere Holmes un cocainomane con gravi disturbi della personalità, e quindi l’autore materiale di orribili delitti. Forse come idea di base può essere geniale (anche se non condivisibile), ma siamo molto lontani dalla Soluzione sette per cento e il risultato è solo indigesto, “eretico” per alcuni. Avrebbe potuto tirare fuori dal cilindro una soluzione nelle ultime pagine, scagionando Holmes e mettendo in campo Moriarty, ribaltando ulteriormente la prospettiva nel finale, e allora sì che il risultato sarebbe stato geniale e apprezzabile da tutti i fan di Sherlock Holmes, ma così non mi sento di poterlo consigliare a un purista per cui Holmes è non un eroe, ma comunque il “buono”.
Scritto nel 1978, è stato stampato in Italia per la prima volta nel 1991 (Libreria del Giallo) col titolo L’ultimo caso di Sherlock Holmes, mentre l’ultima ristampa ha per titolo L’ultima avventura di Sherlock Holmes (Passigli Editore).

Nel fuoco

Durante gli scavi per una nuova costruzione vicino al vecchio cimitero di Roaring Fork, nel cuore delle Montagne Rocciose, affiorano i corpi di un gruppo di minatori uccisi e divorati da un grizzly un secolo e mezzo prima. Corrie Swanson, aspirante detective e protetta dell’agente dell’FBI Aloysius Pendergast, è la prima ad arrivare sul posto per analizzare gli scheletri. Parrebbe un sopralluogo di routine, ma ben presto viene alla luce una verità scomoda sul passato della città che mette la ragazza nei guai con le autorità locali. In suo aiuto accorre l’agente speciale Pendergast, che si ritrova invischiato in un’indagine parallela: poco dopo il suo arrivo, Roaring Fork si trasforma nel teatro degli attacchi di un piromane che appicca incendi senza una logica apparente.
Indagando più a fondo e sfruttando tecniche non sempre ortodosse, Pendergast scoprirà collegamenti inaspettati tra la storia di Roaring Fork e quella della letteratura, ritrovandosi sulle tracce di un manoscritto inedito di Sir Arthur Conan Doyle: un’avventura di Sherlock Holmes che potrebbe aiutare a far luce sulle indagini…



Il romanzo, scritto a quattro mani da Douglas Preston e Lincoln Child, si apre con un prologo, che narra della famosa cena (realmente avvenuta) tra Doyle, Oscar Wilde e Joe Stoddard, durante la quale venne commissionato a Doyle Il Segno dei Quattro. Durante la cena, Wilde racconta a Doyle una terribile storia narratagli da alcuni minatori americani riguardante Roaring Fork: Doyle si rifugia in bagno, disgustato dalla raccapricciante storia.
La scena si sposta ai giorni nostri, e la protagonista diventa Corrie Swanson, aspirante detective alla ricerca di materiale interessante per una tesi, e si imbatte nella storia narrata da Wilde a Doyle, undici minatori divorati da un Grizzly a Roaring Fork intorno al 1876. L’occasione per Corrie è troppo ghiotta, così si reca in gran fretta a Roaring Fork, località sciistica per ricchi, per indagare, non prima di aver avvisato l’agente dell’FBI Pendergast, suo buon amico. Ma la ragazza e giovane e imprudente, e si mette nei guai. Per sua fortuna arriva Pendergast a darle una mano, ma contemporaneamente un serial killer decide di scatenare la sua follia accanendosi sulla popolazione di Roaring Fork, uccidendo e appiccando incendi. Andando avanti con le indagini, affiora che probabilmente Doyle sapesse la verità riguardo gli undici minatori uccisi dal Grizzly, e che ne abbia fatto menzione da qualche parte, forse addirittura in un racconto di Sherlock Holmes mai pubblicato! Dopo varie peripezie Pendergast ritrova il manoscritto perduto, che farà luce sugli eventi del passato e del presente.
Ecco, dunque, la storia nella storia. Un’indagine inedita di Sherlock Holmes, alle prese con un misterioso lupo che ha ucciso due uomini e si aggira nel bosco nei dintorni di Aspern Hall. Nonostante l’arrivo di Holmes, avviene un terzo omicidio, ma del fantomatico lupo ancora nessuna traccia. Ricorrendo a uno stratagemma per stanare il colpevole, Holmes riesce a smascherare l’assassino e a fare luce sulla terribile verità.
Il racconto nel racconto non è un espediente nuovo in letteratura, soprattutto quando si parla di Sherlock Holmes, ma se ben riuscito è sempre affascinante. La trama principale da un lato vede un serial killer piromane, ma dall’altro vede la ricerca affannosa della verità riguardante i fatti del 1876, che passa attraverso il ritrovamento nientemeno che un racconto inedito di Sherlock Holmes. Tutto sommato il risultato è apprezzabile, la lettura scorre piacevole e soprattutto c’è la voglia di seguire gli sviluppi della vicenda, e “l’inedito” è anch’esso un piacevole racconto apocrifo. Il romanzo è uscito in Italia nel 2014 ed è disponibile in formato cartaceo o ebook (Rizzoli).

lunedì 31 agosto 2015

Assassinio su commissione

Nella Londra di fine Ottocento, Jack lo Squartatore fa strage di donne di malaffare sulle strade malfamate del quartiere di Whitechapel. Due donne sono già state assassinate, ma ancora nessuno ha chiesto l'aiuto di Sherlock Holmes. Un terzo delitto, seguito a distanza di poche ore da un quarto, spingeranno il detective a occuparsi del caso, nonostante l'opposizione del capo di Scotland Yard, Sir Charles Warren. Holmes, aiutato dal dottor Watson, indagherà tra i sordidi vicoli di Whitechapel, scoprendo sorprendenti segreti che legano la Casa Reale ai membri della massoneria e dell'alta società inglese, ma anche forti implicazioni tra questi e gli orribili crimini compiuti da Jack lo Squartatore, arrivando a mettere in pericolo la propria vita, nonché quella dell'amico, pur di fermare l'orrenda catena di delitti...


Questo film del 1979, diretto da Bob Clark e interpretato da Christopher Plummer (Holmes) e James Mason (Watson), ripropone lo scontro tra Sherlock Holmes e Jack lo Squartatore, tema già affrontato in Notti di Terrore (1965), ma con notevoli differenze. In questa pellicola il famigerato assassino non agisce per vendetta personale, bensì per coprire un possibile scandalo che investirebbe la famiglia Reale e l'aristocrazia inglese, e non è difficile trovare punti di congiunzione con il film From Hell (2001) interpretato da Johnny Depp.


La storia inizia con Holmes e Watson a teatro, la sera del duplice omicidio (29/30 settembre 1888), e la seguente richiesta all'investigatore, da parte di un gruppo di cittadini, di fermare l'assassino. Holmes è ditubante, ma si reca assieme all'amico sul luogo del ritrovamento di Catherine Eddowes, la quarta vittima. Il detective è profondamente turbato dalla ferocia dello Squartatore e si mette all'opera: rischiando due volte la vita e rimanendo ferito, così come il dottor Watson, riesce a concatenare i fatti e a scoprire la terribile verità.


Quello che risalta maggiormente in questo film è la concreta e appassionata partecipazione al dolore delle vittime e alla tragedia che si consuma sotto i suoi occhi da parte di Holmes. Plummer ne da un'interpretazione molto umana, lontana dal freddo calcolatore cui siamo abituati, arrivando perfino a farlo commuovere per la triste condizione di una fanciulla. Anche i rapporti con un Watson concreto e acuto, per nulla stupido, sono da vecchia coppia di amici, sicuramente una lettura positiva del rapporto tra i due. L'unica stonatura è che entrambi sono molto grandi, mentre nel 1888 i due dovrebbero avere 34/36 anni circa.


A fare da contorno ai due protagonisti abbiamo attori di grande calibro che forniscono un'ottima interpretazione, da David Hemmings (ispettore Foxborough) a Donald Sutherland (Robert Lees). Una curiosità: Frank Finlay, che interpreta Lestrade, aveva ricoperto lo stesso ruolo in Notti di Terrore. Anche i costumi, la fotografia e la ricostruzione storica sono da apprezzare: nelle scene notturne aleggia un'atmosfera da film horror, come se da un momento all'altro debba accadere qualcosa di terribile, anche se il regista non indugia in scene macabre. L'unico difetto è che a tratti il film risulta un po' lento, svuotato anche da un commento musicale che avrebbe aiutato non poco. Una nota stonata (in tutti i sensi!) è che, basandoci sul cartellone dell'opera, pare che Holmes e Watson abbiano assistito alla Lucrezia Borgia di DONNIZETTI...
Il film è disponibile in DVD, anche se purtroppo alcune scene sono in inglese sottotitolate a causa dell'audio danneggiato.

venerdì 8 maggio 2015

Il mostro dell'East End

Londra, autunno 1888. Gli omicidi efferati di due prostitute nel quartiere di Whitechapel convincono l’ispettore Lestrade a chiedere aiuto al massimo specialista di investigazioni criminali. Senza dubbio lui, accompagnato dal fedele dottor Watson, saprà come dare la caccia all’assassino che con la sua lama grondante sangue sta terrorizzando l’East End. Ma quando il segugio di Baker Street rimarrà ferito nel tentativo di catturare il mostro, un sospetto infamante finirà per addensarsi su di lui. Quale ruolo ha davvero Sherlock Holmes nei delitti che con tanto zelo tenta di prevenire? Così, prima che sia troppo tardi per la sua onorabilità e per la sua stessa vita, il Grande Detective dovrà rompere ogni schema e contravvenire a ogni regola per smascherare l’inafferrabile avversario. Il cui nome, al pari del suo, continuerà a risuonare per molto, molto tempo: Jack lo Squartatore.


In questo romanzo di Lyndsay Faye del 2009 Sherlock Holmes fronteggia ancora una volta un mostro realmente esistito, Jack lo Squartatore, che macchiò le strade dell’East End di Londra col sangue di cinque donne, uccise tra il 31 agosto e il 9 novembre 1888. In passato vari autori si sono cimentati in questa sfida, basti ricordare Ellery Queen o Michael Dibdin solo per citare due esempi piuttosto famosi, e ben due volte la sfida è stata sul grande schermo, nel 1965 (Notti di Terrore) e nel 1979 (Assassinio su commissione). Non è dunque affatto facile riuscire a scrivere qualcosa di nuovo ed originale, essendo stato già scritto tanto. La difficoltà maggiore consiste proprio nel dare un nuovo volto e una nuova identità allo Squartatore, e l’autrice è riuscita a superare brillantemente l’ostacolo.
La storia inizia con un antefatto, in apparenza del tutto slegato al resto della trama, che vede Holmes e Watson nel febbraio 1887 sulle tracce di un diamante scomparso, per poi proseguire nel 1888 con la scoperta di una vittima a Whitechapel, tale Martha Tabram, uccisa con ben 39 coltellate. Successivamente viene trovata Polly Nichols (la prima vittima accertata dello Squartatore) e Holmes viene consultato da Lestrade. Il detective inizia qui la propria indagine, nel corso del quale incontrerà una prostituta di nome Mary Ann Monk, che arruolerà come “infiltrato” nei bassifondi di Whitechapel: questa rappresenta sicuramente una novità narrativa importante, oltre che del tutto plausibile. Ma è durante la notte tra il 29 e il 30 settembre, quella tristemente nota per il duplice omicidio, che Holmes si imbatte nello Squartatore, lo insegue e rimane ferito. Costretto a rimanere a casa per molti giorni a causa della ferita, Holmes viene anche diffamato da un giornalista che lo addita al pubblico come possibile assassino, in quanto presente in maniera sospetta sul luogo degli omicidi dello Squartatore. Inutile dire che da questa rovinosa caduta il detective si rialzerà, ponendo fine alla carriera dello Squartatore e recuperando in maniera definitiva il suo buon nome.
Come si può intuire, l’autrice pone particolare attenzione alla cura storica dei fatti reali, che vanno a intrecciarsi con la fiction narrativa, incluso il famoso graffito di Goulston Street, fatto cancellare da Sir Charles Warren. Forse non tutti sanno che, sebbene siano 5 le vittime accreditate a Jack lo Squartatore, almeno altre 6 vittime caddero per mani ignote, e per alcune si è a lungo ipotizzato che ci fosse dietro lo Squartatore. Nello specifico alcuni studiosi sono propensi a credere che Martha Tabram, prostituta di 39 anni ritrovata il 6 agosto 1888, sia un’altra delle sue vittime. Lyndsay Faye dimostra di essersi documentata approfonditamente. Ma un plauso va anche alla cura posta nel tratteggiare i personaggi: Holmes e Watson sono molto canonici e tutto il libro risente in maniera positiva di questo, nonostante la difficoltà oggettiva di fondere l’universo di Sherlock Holmes con quello tristemente reale di Jack lo Squartatore. In definitiva, possiamo parlare di un apocrifo ben riuscito, da parte di una giovane autrice che speriamo torni presto a scrivere di Sherlock Holmes e del dottor Watson. L’edizione italiana è il numero 8 de Il Giallo Mondadori - Sherlock (Mondadori, 2015), disponibile cartaceo o ebook.

martedì 5 maggio 2015

Uno Studio in Nero

Tutto ha inizio quando il celebre scrittore-detective Ellery Queen riceve un anonimo pacchetto contenente un manoscritto ingiallito redatto da un certo dottor John H. Watson. Ellery è assillato da un contratto editoriale che lo obbliga a consegnare il suo nuovo romanzo il più in fretta possibile, ma la curiosità è più forte degli impegni lavorativi e, facendo i salti mortali, riesce a dedicare un po' di tempo al manoscritto. Anche perché la storia che racconta rappresenta il sogno di ogni appassionato di mystery, ovvero le peripezie cui va incontro l'immenso Sherlock Holmes nel tentativo di dare un nome e un volto a Jack lo Squartatore! Spetterà proprio a Ellery concludere l'indagine iniziata dal suo illustre predecessore e smascherare una volta per tutte il criminale più famoso della storia.


Uscito nel 1966, A Study in Terror (tradotto in Italia Uno Studio in Nero per richiamare Uno Studio in Rosso) riprende a grandi linee la trama dell’omonimo film uscito l’anno prima, seppur con alcune notevoli differenze. Innanzitutto il libro è diviso in due: una parte è ambientata nel 1966, dove il noto scrittore/detective Ellery Queen riceve un plico anonimo contenente il manoscritto di Watson in cui descrive le indagini su Jack lo Squartatore, mentre l’altra parte è rappresentata dal manoscritto in questione, con Watson testimone e narratore dei fatti del 1888. Ovviamente la parte “moderna” nel film non era presente, ma anche la parte riguardante i delitti dello Squartatore si discosta parecchio dal film, introducendo personaggi non presenti nella pellicola (Deborah, figlia di Lord Carfax) e cambiando non il finale ma addirittura il colpevole!
La parte riguardante Ellery Queen è opera della premiata ditta Dannay & Lee, mentre il resoconto di Watson è stato scritto da Paul W. Fairman. Bisogna precisare che è stato fatto davvero un bel lavoro da Fairman: Holmes è molto più simile a quello canonico di quanto non lo sia quello del film, basta vedere come si comporta con Joseph Beck del banco dei pegni quando va in cerca di indizi sull’astuccio di strumenti chirurgici. C’è anche un antefatto: Watson è sposato (come dovrebbe effettivamente essere nel 1888), e partecipa all’indagine perché Mary è andata a trovare una zia malata in Cornovaglia. Sono gli irregolari a trovare il banco dei pegni a Whitechapel, e una volta lì esaminano il cadavere della “quinta vittima, Annie Chapman” (errato: Annie è la seconda vittima accreditata). Viene svelata immediatamente la storia del povero demente che vive all’ostello di Montague Street, così come il fatto che l’astuccio appartenga a lui, ma non viene rivelata la sua identità. E’ Sherlock ad andare a trovare Mycroft (com’è più logico) per chiedere consiglio sulle indagini. Successivamente Watson si reca da solo all’Angel & Crown per indagare, ma viene seguito dallo stesso Holmes, a sua volta travestito, e ne consegue che i due perdono di vista Polly Nichols, che diventa la vittima numero sei (doppio errore: Polly è la prima vittima, e ne furono accreditate allo Squartatore solo cinque!). Holmes e Watson incontrano un vecchio amico di Michael Osbourne che racconta i retroscena del matrimonio, poi eccoli all’obitorio di Montague Street per la settima vittima (!). Recatisi in un bordello di Whitechapel, i due riescono a trovare una traccia che li porta in un albergo lì in zona, il Pacquin, ma giunti lì trovano la tana dello Squartatore vuota. E’ qui che Watson dimostra una stupidità indegna della sua cultura e intelligenza: si ricorda di avere un messaggio da Mycroft per Sherlock con un ritardo abissale, e per di più l’informazione era già in suo possesso (avendola appresa all’Angel & Crown da Polly), ma l’aveva ritenuta trascurabile e non l’aveva riferita a Holmes. Inutile dire che Holmes non la prende molto bene, salvo poi scusarsi con l’amico nel capitolo successivo. Infine viene introdotta Angela Osbourne, moglie di Michael, che vive da reclusa sopra l’Angel & Crown. Diversamente dal film, ella non è propriamente legata a Max Klein (proprietario del pub), ma anzi ne è prigioniera. E’ stato lui a sfregiarla, e piomba con un revolver in mano mentre Holmes e Watson parlano con lei. Holmes viene portato via da Klein, mentre Watson viene legato e lasciato con Angela, ma all’improvviso arriva Jack lo Squartatore che uccide Angela, libera Watson e appicca il fuoco allo stabile. Watson si risveglia il giorno dopo e apprende di come anche Holmes si sia salvato, e che egli non intende rivelare al pubblico l’identità dello Squartatore, pertanto il povero Watson rimane con le sue convinzioni, ovviamente errate. Tocca infatti a Ellery Queen, quasi ottanta anni dopo, scoprire quello che Holmes aveva scoperto senza rivelarlo a Watson, ovvero la vera identità di Jack lo Squartatore.
Prendendo in analisi la trama e la ricostruzione del duo Holmes/Watson siamo su un livello piuttosto alto, sicuramente superiore al film, offrendo un ritratto dei due molto più simile agli scritti di Doyle e un intreccio più elaborato rispetto alla pellicola. Purtroppo pesano come macigni le inesattezze storiche, davvero difficili da ignorare. Il libro, comunque, si lascia leggere con piacere e nonostante tutto rimane uno degli apocrifi più importanti di sempre. La prima pubblicazione italiana è del 1967, col numero 949 de Il Giallo Mondadori (Mondadori), successivamente ristampato sempre da Mondadori in varie edizioni.

mercoledì 29 aprile 2015

Notti di Terrore

Negli ultimi anni dell’Ottocento, Jack lo Squartatore terrorizza il nebbioso East End di Londra, uccidendo diverse prostitute. Il solo uomo capace di fermare questa catena di orribili omicidi è il più grande detective del mondo: Sherlock Holmes, aiutato dal fido dottor Watson. L’unico indizio su cui Holmes può lavorare è un misterioso pacco spedito al 221B di Baker Street: la scatola contiene un corredo di strumenti chirurgici su cui è inciso il simbolo di un importante casato nobiliare. Tra gli strumenti manca solo il bisturi. Che l’aristocrazia sia coinvolta in questa serie di sanguinosi crimini?




Notti di Terrore (A Study in Terror) è un film del 1965 diretto da James Hill, che vede Sherlock Holmes sulle tracce di Jack lo Squartatore (figura realmente esistita che seminò il terrore nel 1888) e ha per protagonisti John Neville (Holmes) e Donald Huston (Watson), ma può contare su importanti comprimari come Robert Morley (Mycroft Holmes) e una giovane Judi Dench (Sally). In molti erroneamente credono che il film sia tratto dall’omonimo romanzo di Ellery Queen, ma in realtà quest’ultimo è stato pubblicato nel 1966, un anno dopo l’uscita del film, la cui sceneggiatura è di Donald & Derek Ford.


Il film si apre col primo omicidio dello Squartatore, Mary (Kelly?). La scena si sposta all’interno dell’Angel & Crown, un pub di Whitechapel. La donna che ne esce, Polly Nichols, farà una brutta fine. Vengono dunque introdotti Holmes e Watson: il dottore sta leggendo del secondo omicidio sul Times, mentre Holmes vaga per la stanza alla ricerca della sua pipa. Dopo aver appurato che Watson ci si è seduto sopra e che gli omicidi a Whitechapel sono stati due in tre giorni, Holmes commenta il fatto come “interessante”, infatti dice: «E ora a Whitechapel!»… solo che i due non vanno affatto nell'East End, se non molto dopo nel corso del film. Assistiamo infatti alla morte di Annie Chapman, quindi all’arrivo di un pacco misterioso a Baker Street, contenente un astuccio di strumenti chirurgici. Holmes scopre uno stemma araldico coperto da un panno e deduce che l’astuccio era stato impegnato presso un banco di pegni a Whitechapel. Proprio da ciò parte l’indagine, che vede intrecciati da un lato la ricerca del proprietario dell’astuccio, Michael Osbourne, figlio del Duca di Shires, e dall’altro gli atroci delitti dello Squartatore. Ovviamente Holmes svelerà entrambi i misteri, ma tace sull’identità dello Squartatore per non arrecare ulteriore sofferenza a chi ha già sofferto abbastanza.


La pellicola è molto interessante, presenta una trama piuttosto elaborata che può contare su numerosi colpi di scena. Il cast è di prim’ordine, con un John Neville acuto e spigoloso, piuttosto convincente. Anche Donald Huston è un buon Watson. Possiamo tranquillamente dire che la coppia funziona bene, ma anche tutti i comprimari che vi ruotano attorno, da Robert Morley a Frank Finlay, che interpreta Lestrade. Proprio quest’ultimo interpreterà nuovamente Lestrade in Assassinio su commissione del 1979, in cui Sherlock Holmes fronteggia ancora Jack lo Squartatore. Purtroppo ci sono alcune pecche, anche piuttosto gravi. Le prostitute innanzitutto: tutte piuttosto giovani, belle, pulite, ben vestite… Ovviamente è un falso storico. Quasi tutte le vittime erano ultraquarantenni, e il livello di povertà in cui si trovavano a Whitechapel delinea un quadro ben diverso, fatto di sporcizia e miseria e non di acconciature, trucco e vestiti puliti e curati. Ma anche l’ambiente era sporco e maleodorante, con le strade piene di accattoni e ubriaconi e immondizia, e non basta un po’ di paglia a dare la giusta immagine della Londra del 1888. La sequenza dei delitti è sbagliata (terzo e quarto delitto avvennero la stessa notte), così come l’ordine dei nomi delle vittime (Mary è la quinta, Polly la prima, ecc.).


Altre gravi pecche riguardano la sceneggiatura. A parte il primo episodio sopra menzionato, proprio nel finale ne viene fuori un altro. Scoppiato un incendio all’Angel & Crown, durante il quale lo Squartatore perisce tra le fiamme, Holmes si salva miracolosamente. Il mattino seguente, alla richiesta di spiegazioni da parte di Watson, Holmes risponde: «Lei conosce i miei metodi, si sa che sono indistruttibile.» (!) Se si riesce a passare sopra quest’ultima castroneria il film risulta godibile, essendo peraltro uno dei due prodotti cinematografici degli anni ’60, e di sicuro il migliore, su Sherlock Holmes. Da segnalare una battuta del sempre divertente Robert Morley. Esasperato dall’inattività del fratello, intento a suonare il violino, dice: «Per amor del cielo, smettila di segare su quell’infernale strumento. Fu un triste giorno quando la mamma te lo regalò!». Il film è disponibile in DVD (Gargoyle Video).

giovedì 9 aprile 2015

Il Segno dei Quattro

Sherlock Holmes sta attraversando uno dei suoi frequenti momenti di depressione. La mancanza di azione e di stimoli intellettivi spingono l'investigatore inglese ad assumere cocaina, fino a quando non bussa alla sua porta una signorina dall'aspetto piacente, tale Mary Morstan. Il padre della ragazza, ufficiale dell'esercito britannico, è scomparso appena tornato dall'India e a lei, da svariati mesi, vengono consegnate perle preziosissime da un anonimo benefattore. Ma c'è dell'altro. Cosa sono quelle strane lettere che le vengono recapitate? E chi si cela dietro la misteriosa firma "II Segno dei Quattro"? Ecco alcuni degli ingredienti della seconda avventura di Sherlock Holmes, tra le nebbie di Londra e i gioielli del Rajah, tra modernità e riti arcaici.


Si tratta di una delle tante riduzioni de Il Segno dei Quattro, certamente una delle migliori. Come per tutti gli episodi di questa serie, si apre con il crimine che fa da introduzione allo svolgimento della storia. La trama ricalca in maniera piuttosto fedele il romanzo, tranne che alcune piccole differenze. Non vi è alcun accenno alla cocaina, tanto per cominciare, e Watson non convolerà a nozze con Mary Morstan, nonostante una tenera intesa abbastanza manifesta. Sarà addirittura Thaddeus Sholto a chiedere la mano di Mary, senza successo. L'inseguimento sul Tamigi (piuttosto breve per esigenze di durata dell'episodio) si svolge di giorno e non di notte. Infine, la cassetta del tesoro viene portata da Watson a Mary e aperta davanti a lei, scoprendola vuota. Ma sono piccole libertà prese dagli sceneggiatori, che non stravolgono la trama.


E' una riduzione di grande qualità, a colori come tutti gli episodi della serie BBC del 1968, e Peter Cushing è un Holmes energico e scattante, che non fa rimpiangere l'ottimo Wilmer che l’aveva preceduto. Purtroppo della serie del 1968 sono sopravvissuti solo 6 episodi su 16, e sono stati pubblicati in DVD in lingua originale.